Successo nel Principato di Monaco per il Tenore Francesco Meli – la nostra intervista

OMAGGIO A PUCCINI : FRANCESCO MELI
Omaggio a Puccini, il tenore Francesco Meli; Ft© Victor Santiago

di Angela Valenti Durazzo – Grandi applausi al Théâtre des Variétés del Principato di Monaco per il tenore italiano Francesco Meli  che si è esibito nel recital lirico «Omaggio a Puccini 100» il18 ottobre 2023 (Società Dante Alighieri e Ambasciata d’Italia a Monaco) insieme al soprano Martina Saviano, al baritono Carlo Sgura e al Maestro Dennis Ippolito al pianoforte.

Un evento che ha visto il tenore che ha debuttato giovanissimo alla Scala con il maestro Riccardo Muti, per poi calcare nuovamente il celebre palco diretto, fra gli altri, da Riccardo Muti, Zubin Mehta, Antonio Pappano, Lorin Maazel, Yuri Temirkanov) esibirsi in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo (vedi manifesto sotto) alla presenza dell’Ambasciatore italiano a Monaco Giulio Alaimo, del vice segretario generale della Società Dante Alighieri Andrea Vincenzoni e di numerose personalità italiane e monegasche. Quest’ultimo, dopo avere richiamato il tenore sul palco al termine del recital, ha tenuto a dichiarare “siamo rimasti talmente estasiati da questo recital lirico che ogni parola diventa superflua. Ma certamente credo che dobbiamo essere davvero orgogliosi”. 

Nato a Genova nel 1980 e innamorato di quella città dove, tra l’altro, dal 2021 è Direttore artistico dell’Accademia di Alto Perfezionamento per cantanti lirici del Teatro Carlo Felice, Meli ha iniziato gli studi di canto a diciassette anni con il soprano Norma Palacios al Conservatorio Paganini di Genova e li ha proseguiti con Vittorio Terranova

Abbiamo intervistato il cantante lirico giunto “ai massimi livelli del teatro dell’opera contemporaneo” poche ore prima di salire sul prestigioso palco del Principato. 

Successo nel Principato di Monaco per il Tenore Francesco Meli - la nostra intervista

Francesco Meli cosa rappresenta per lei, abituato a calcare i più celebri palcoscenici internazionali, questo evento monegasco?

Essere chiamato nel Principato in occasione della Settimana della Lingua Italiana nel mondo è un onore e una soddisfazione. E inoltre forse non c’era occasione migliore per avere con me Carlo Sgura e Martina Saviano, che hanno rispettivamente 22 e 30 anni, per portare con me un bagaglio generazionale, anche come esperienza. Perché un concerto a Monte Carlo, in un contesto così prestigioso, è un qualcosa che un giovane si porta dietro. 

Restando nel campo dei giovani, lei è anche Direttore artistico dell’Accademia di Alto Perfezionamento per cantanti lirici del Teatro Carlo Felice di Genova. Cosa rappresenta per lei l’insegnamento?

L’insegnamento è sempre stato un mio sogno, chiamiamolo così, e rappresenta la mia predisposizione non tanto a fare l’insegnante, quanto a studiare insieme ad altre persone, a condividere con loro le conoscenze, le esperienze, ma soprattutto le sensazioni musicali e tecniche. Il teatro ha scommesso molto su questa Accademia ed è una cosa che ha funzionato. Il primo anno, nel 2021, subito dopo il periodo del covid e dei concerti in streaming, l’Elisir d’amore di Donizetti, fatta al cento per cento dagli allievi dell’Accademia, è stata l’unica opera del Carlo Felice andata in scena con il pubblico ed è stato un evento molto emozionante. Ancora più forte, più grande, più importante. Nella stagione in corso, 2023/2024 l’accademia durerà due mesi in più, ovvero dal 15 gennaio al 15 giugno. In quei due mesi l’incremento artistico sarà più grande e fra le altre cose i giovani cantanti lirici avranno l’opportunità di far parte del cast dell’opera “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini, in scena a giugno 2024 sul palcoscenico dell’Opera Carlo Felice Genova. Spero che l’Accademia ogni anno possa avere uno sviluppo in più.

Cosa raccomanda principalmente ai suoi giovani allievi?

Ai miei allievi insegno quello che hanno insegnato a me. Il mio maestro, Vittorio Terranova, è uno dei pochissimi insegnanti eredi della scuola italiana antica, ha studiato con Maria Carbone, spesso partner sulle scene di Beniamino Gigli. Quello che lui ha insegnato a me è quello che cerco di trasmettere ai ragazzi che studiano in Accademia.

Quali sono le caratteristiche principali per diventare, come lei, un grande cantante lirico?

Oltre alle cose più scontate, che certo sono la voce, l’intonazione eccetera, sono essenziali la perseveranza e molto studio. Ma è importante anche la ricerca personale senza rifarsi solo a ciò che hanno fatto gli altri, anche perché tante volte quelli prima sono stati molto meglio di te e cercare di seguire “a pappagallo” la loro strada può rivelarsi poco utile per la crescita professionale. Occorre, invece, cercare qualcosa di proprio nello studio musicale dello spartito, che deve essere meticoloso.

E la fortuna quanto incide in una grande carriera? 

Le occasioni fortunate ti possono aiutare. Se si presentano però devono essere confermate e tu devi essere pronto, sempre preparato mentalmente oltre che tecnicamente. Ci vuole inoltre molta umiltà: non essere presuntuoso, sapere quali sono i propri limiti, ma essere anche cosciente dei propri meriti. Quando arrivi in teatro e sei di fronte al direttore d’orchestra e al pubblico se sei sicuro delle tue capacità avrai un risultato migliore sotto tutti i punti di vista, vocale, musicale, scenico espressivo, interpretativo e la libertà di potere giocare con quello che stai facendo. E il pubblico se ne accorge, lo vive, lo percepisce e ne gode. 

C’è un concerto o un momento che per lei ha rappresentato una svolta?

Ho debuttato alla scala a 23 anni con Riccardo Muti, per cui sono partito subito a spron battuto. Ma la svolta principale è stata quando ho ricominciato a lavorare con il maestro Muti nel 2012 a Roma nel Simon Boccanegra. Quella successiva era la stagione dell’anno verdiano e con lui ho cantato tutto Verdi: all’Opera di Roma, a Chicago, all’Arena di Verona, a Salisburgo e nel 2013 ho vinto il Premio Abbiati per le interpretazioni verdiane. Quella è stata una svolta anche se un mio cambiamento era già in atto in quegli anni, cambiamento che però probabilmente sarebbe stato più lento.

Qual è il suo rapporto con Genova?

Io sono un campanilista ed è grande l’entusiasmo che ho quando parlo di Genova e della sua storia. Tanta gente non conosce tutto quello che ha rappresentato nel mondo questa città per tanto tempo. Inoltre Genova mi ha premiato sempre. Ho sempre avuto successi sia come pubblico sia come apprezzamento delle associazioni, delle autorità eccetera. La mia città ha sempre avuto un grande affetto nei miei confronti e me lo ha sempre dimostrato. Genova dovrebbe avere un ruolo ancora più importante a livello nazionale e internazionale poiché ha le carte, gli spazi, la possibilità e il fascino per imporsi ancora di più nel mondo.

Nell’immagine in apertura il tenore genovese Francesco Meli

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