Una forma di manipolazione psicologica che si basa su una lunga ed abile attività di “suggestione”, da cui uno dei due soggetti coinvolti in una relazione cerca di trarre vantaggio, per ottenere il pieno controllo sulla vita dell’altro, mentre quest’ultimo ne subisce gli effetti senza, il più delle volte, rendersene conto e quindi non potendo difendersi.
Stiamo parlando del Gaslighting forma di violenza psicologica (e di dipendenza reciproca) subdola e quindi non facilmente riconoscibile.
In questa forma il manipolatore cerca di far dubitare la vittima della sua percezione e del suo giudizio portandola progressivamente a destabilizzarsi, a piombare in uno stato di dipendenza, di insicurezza ed inadeguatezza (o peggio di depressione).
Abbiamo chiesto di spiegarci meglio di cosa si tratta a Sonila Gruda (psicologia dello sviluppo).
Sonila Gruda, come nasce la definizione di Gaslighting?
Il termine ha avuto origine dalla commedia britannica Gas Light, un’opera del 1938 del drammaturgo Patrick Hamilton e dai suoi rifacimenti successivi (Rebecca – la prima moglie di Alfred Hitchcock) nel quale un marito per cercare in casa, senza essere scoperto, le ricchezze della moglie abbassa l’intensità delle luci a gas. Ma quando la donna si accorge della scarsa luce l’uomo riesce a convincerla che tutto quello che sta avvenendo sia in realtà frutto di una sua errata percezione, fino a portarla a dubitare di se stessa e ad impazzire. Nel film ci viene mostrato come l’obiettivo sia perseguito alterando piccoli elementi dell’ambiente di vita quotidiana, tuttavia, nella realtà spesso questo si traduce in stratagemmi che, presi singolarmente, potrebbero non suggerire alcun indizio in merito a ciò che effettivamente sta avvenendo, ma la natura continuativa e costante di queste “piccole manipolazioni quotidiane”, portate avanti in modo sistematico, le rende estremamente pericolose.
Quello descritto nel film è un caso estremo, ma nella pratica ci si può accorgere di essere vittime del Gaslighting?
Quando una persona nota di essere tenuta sotto controllo, di venire isolata (i manipolatori spesso raccontano bugie sul partner in modo da isolarlo n.d.r.) e inizia a vedere se stessa come sbagliata, deve scattare il campanello d’allarme, infatti questo tipo di “abuso” si basa sulla fiducia che la vittima ripone nel gaslighter. Quest’ultimo dal canto suo è un abile manipolatore, ed è in possesso di una notevole capacità persuasiva. È inoltre consapevole della strategia messa in atto affinché la vittima abbracci totalmente il suo punto di vista e dipenda totalmente da lui. Questo processo può avvenire in vari modi e, paradossalmente, il manipolatore mette in atto le sue macchinazioni nella convinzione di agire nel migliore dei modi se non nell’unico modo possibile. Per questo motivo, se messo in discussione, quando non può argomentare il suo comportamento in modo razionale, lo giustificherà come una necessità imposta dall’esterno per difendere se stesso (o altri) da potenziali pericoli.
La svalorizzazione rientra in questo tipo di violenza psicologica?
L’uso di “battutine” che sottolineano i difetti; frasi ricorrenti come “vedi che non ci arrivi”, “non hai mai combinato niente”, “non sei capace” rivolte principalmente alla partner (ma il Gaslighting esiste anche in amicizia e nei rapporti genitore figlio), il frequente malumore, servono al gaslighter a indebolire la vittima al fine, per esempio, di legarla sempre di più a sé.
E come se ne può uscire?
Per uscirne bisogna innanzitutto capire cosa si ha di fronte. Tanto per cominciare un modo per difendersi è non dare importanza a quanto viene detto dal manipolatore. In caso di conseguenze psicologiche è necessario rivolgersi allo psicologo o allo psicoterapeuta.
Chi si rivolge allo psicologo è consapevole di essere vittima del Gaslighting?
No, normalmente dice di sentirsi depresso o di stare male e solo in seguito, approfondendo la storia della relazione con il partner, si capisce cosa sta accadendo.
Foto di apertura Charlie Foster
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