di Angela Valenti Durazzo
“Gente accogliente, minore burocrazia e pressione fiscale, tanti centri commerciali e ristoranti”. Queste in sintesi le motivazioni che hanno spinto negli ultimi anni alcuni nostri connazionali ad intraprendere un’attività nel Paese dall’altra parte dell’Adriatico, incoraggiati dalla vicinanza geografica, da un costo della vita notevolmente più basso e dalla conoscenza diffusa della nostra lingua.
Per lo più la presenza italiana è concentrata nel settore dei servizi, nei call center, nella ristorazione (molto richiesti i cuochi italiani) e nella piccola industria. Non mancano però avvocati, architetti, medici, chirurghi plastici e dentisti, questi ultimi arrivati anche sulla scia della nuova tendenza, diffusa anche fra i ricchi albanesi, di destinare maggiori cure all’estetica ed alla salute dei denti.
“E’ una realtà dove c’è ancora spazio per lavorare” spiega Davide Piana, 42 anni, sanremasco doc e programmatore che nel luglio 2015 dalla città del Ponente Ligure, che guarda lavorativamente anche alla Francia e al Principato di Monaco, si è trasferito a Tirana. “L’Albania e’ un Paese vicino ed emergente, dove c’è tanto da fare e soprattutto dove sei aiutato nel momento in cui hai voglia di fare – continua – senza contare che per gli albanesi l’Italia è un punto di riferimento, e di conseguenza ci tengono in considerazione”.
Un bilancio positivo, dunque, che spinge alcuni nostri connazionali, specialmente giovani, verso le sponde albanesi uscite dall’isolamento dopo la fine, oltre vent’anni fa, del durissimo regime instaurato da Enver Hoxha. Le stesse sponde che sono state punto di partenza, subito dopo la conquista della democrazia, di un esodo massiccio verso l’Italia ben raccontato dal film documentario di Roland Sejko “Anija” (la nave), vincitore del David di Donatello nel 2013 come miglior documentario (https://www.youtube.com/watch?v=ZUTAPHPdLtQ)
“L’Albania è un Paese che sta crescendo” spiega ancora Davide, sposato con Marjana (nella foto sopra), interprete albanese trasferitasi a Sanremo, mentre stiamo sorseggiando un caffè nei pressi di Tirana.
Il caffè in Albania è un rituale lento. Ci si incontra al bar per restare a lungo a parlare davanti ad una tazzina. “Qui siamo al ‘confine’ tra Oriente ed Occidente – racconta ancora il programmatore ligure – anche se gli albanesi sono occidentali sia nella mentalità che negli standard di vita. L’azienda è oramai impiantata e riesco a trasmettere anche la mia esperienza professionale ai giovani collaboratori, e nello stesso tempo resta viva l’interazione e lo scambio professionale con Sanremo e con la Liguria”.
Parole e giudizi che per molti aspetti richiamano quelli di Riccardo Germano, biologo Genovese di 50 anni, che da oltre 10 anni ha creato un impianto di allevamento di cozze nel nord dell’Albania, a Shëngjin (San Giovanni), località turistica in provincia di Lezha. Nel 2004 il biologo genovese si era recato là per un progetto di regolamentazione igienico sanitaria (Mollusc monitoring and Production) finanziato dalla CEE. Al rientro in Italia, dopo le nozze con Celjeta Dervishi, dentista albanese, è nata l’idea di creare l’azienda che oggi riveste nel Paese un ruolo di primissimo piano.
“Sull’ambiente di lavoro ho subito trovato persone che dimostravano un’eccezionale apertura – spiega l’imprenditore ligure – presto si è instaurato un rapporto amichevole: facevo sport con loro dopo il lavoro, bevevamo il caffè ed il raki (grappa tradizionale albanese) e mangiavamo il dolcetto dai vari parenti. Devo dire che grazie a questa forma di ospitalità, che ti permette di integrarti molto bene, ho deciso di dare avvio alla produzione di cozze nel nord, mentre la gran parte degli impianti in Albania è concentrata nel sud, nella zona di Butrinto, al confine con la Grecia”.
Ed anche Riccardo, che fa la spola frequentemente fra Genova e l’Albania, ha avuto successo nel Paese delle Aquile. Le cozze che produce, che ci mostra aperte sul palmo della mano (foto sopra) sono, ci assicura, grosse e saporite. “C’è però un problema da superare – aggiunge – attualmente, nel campo delle cozze, non è consentito l’export nei paesi europei, e quindi serviamo solo il mercato interno: ristoranti, mercati e privati. Ma se l’Albania non si apre alle esportazioni sarà dura per noi crescere ulteriormente”.
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