Intervista a Luigi di Fiore, Protagonista a Monaco dello Spettacolo “Verso Dante”

Intervista a Luigi di Fiore, Protagonista a Monaco dello Spettacolo “Verso Dante”

Intervista concessa in esclusiva alla Dante Monaco realizzata dal nostro addetto stampa Angela Valenti – Luigi Di Fiore, nelle vesti di un viandante di strada circondato da cartoni e immondizia, ha regalato una recitazione serrata e avvincente nella serata organizzata dalla Dante Monaco giovedì 19 maggio al Théâtre des Variétés nella quale è stata rappresentata l’opera teatrale “Verso Dante” con la regia di Tommaso Agnese. Abbiamo intervistato, prima dello spettacolo monegasco, l’attore milanese formato alla scuola teatrale di Gassman e poi al Piccolo Teatro di Giorgio Strehler.

Luigi Di Fiore, partiamo dagli esordi, cosa ha rappresentato per lei l’esperienza con maestri come Gassman e Strehler?

Ha significato tutto. Avevo 19 anni e quando riguardo indietro mi dico “che incredibile fortuna che ho avuto!”. Tra l’altro Gassman fece in quegli anni una cosa straordinaria, usò la sua forza e il nome così altisonante per fare questa bottega teatrale fiorentina: 8 ore a scuola e poi ci immergevamo totalmente nello studio più profondo. Eravamo felici e consapevoli di essere dei privilegiati ma con l’andare del tempo ho capito in maniera ancora più profonda di quanto fossi stato fortunato.

Quali ricordi ha e cosa porta con sé di Vittorio Gassman?

Ricordo che stare accanto a lui era come essere vicino a una locomotiva a vapore, sentivi un’energia così potente…Imparavamo da lui e da tanti altri (poiché vi erano anche grandissimi “insegnanti” tra cui Alvaro Piccardi, Anthony Quinn). Ma quando arrivava Gassman, che certo era il culmine della scuola che durava circa 10 mesi, noi eravamo gioiosamente paralizzati dal punto di vista dell’emozione ma ci davamo da fare come dei pazzi per dimostrare di essere preparati. E lui ti metteva alla prova su tanti testi classici: dall’Antigone all’Amleto, senza dimenticare Dante…la scuola era un corollario completo e straordinario di momenti eccezionali che lui padroneggiava con una inarrivabile maestria.

E dopo Gassman, che la Dante Monaco ha celebrato con una serata e la proiezione di un documentario nel febbraio del 2020, arriva l’esperienza con Strehler

Strehler aveva riaperto i provini al Piccolo Teatro per trovare un attore giovane che facesse Don Giovanni. Con lui ho quindi dato avvio ad un’esperienza travolgente che mi ha dato esattamente i canoni con i quali poi avrei costruito tutta la mia carriera.

Oltre ai classici, successivamente ha anche interpretato personaggi di serie televisive amate dal grande pubblico quali “La Piovra”, “Un Posto a sole”, “Distretto di Polizia”, “Incantesimo”, “I Cesaroni”, “Provaci ancora prof” e altre

Sì, ne La Piovra 4 e 5, l’ultima con Michele Placido e la prima con Vittorio Mezzogiorno, avevo il ruolo di un poliziotto giovane della squadra. Ed anche lì fu un’esperienza straordinaria. Con la televisione entri proprio nel cuore delle persone con una forza immediata, mentre il teatro ha forse bisogno di una dimensione più lunga. “Un posto al Sole” mi ha spalancato le porte di una popolarità molto più “spessa”. Tutti i giorni in televisione per 5 anni, per il pubblico diventi veramente una presenza familiare.

Lei è dunque conosciuto a livello cinematografico, televisivo e teatrale, ma dove si trova maggiormente a suo agio?

Amo il cinema e la televisione che mi hanno dato molto ma mi trovo più a mio agio a teatro poiché il teatro è verità allo stato puro. Non la verità, la “verosimiglianza”, dell’attività filmica, della fiction. In teatro c’è una verità “altra” ma che è tanto vera quanto la realtà. Perché la verità che si esprime su un palcoscenico è come quella del trapezzista che si butta senza rete. Nel cimema c’è la rete perché rifai il ciak. In teatro invece ti devi lanciare nel vuoto e trovare il modo di fluttuare, volare, finché poi atterri morbidamente. E quindi la grande verità che io riscopro nel teatro è irrinunciabile.

Siamo reduci da un periodo difficile a causa della pandemia di Covid-19, come ha cambiato il pubblico secondo lei?

Sono ritornato in teatro dopo il Covid e ho trovato un calore maggiore. Come se il pubblico sentisse l’esigenza di ritornare a questo rito laico e di ritrovarsi come comunità. Questo è molto bello.

Il “messaggio” di Verso Dante è quello della necessità di recuperare le radici culturali e quindi di tramandare ciò su cui si fonda la nostra identità

Sì, siamo partiti da questo presupposto con Tommaso Agnese, regista dello spettacolo. Recentemente ho fatto un’esperienza nelle scuole e mi sono reso conto che era come se i ragazzi considerassero i grandi autori delle entità talmente inarrivabili al punto che per cominciare a dialogare con loro bisognava fare chissà quale tipo di percorso. Quello che occorre far sapere ai giovani è invece che questi personaggi sono così giganteschi perché sono estremamente umani. Dante Alighieri non è quell’anziano signore canuto chiuso nella sua torre d’avorio in attesa di scrivere i versi della Divina Commedia e di fare le rime baciate, incrociate, eccetera – ma una persona che aveva 21 anni quando è andata in guerra. Era un uomo che aveva quindi il cuore impavido, che è stato condannato a morte ed è dovuto scappare dalla mattina alla sera. E come è riuscito a sopravvivere? Con la cultura. Era un grande letterato oltre che essere stato un uomo d’armi e d’azione».

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