Nominata nel consiglio dell’Unione industriali della provincia di Savona nel 1987, quando era giovanissima, e presidente per l’anno 2018-2019 del Rotary club Genova Lanterna. Impegnata nella recente tornata elettorale nella sua città e nell’associazionismo internazionale attraverso Amitiè sans Frontieres, associazione il cui presidente onorario è il Principe Alberto II di Monaco. Una vita professionale e associativa nella quale Gianfranca Tempestini, imprenditrice savonese, ha ricoperto, nel corso degli anni, con naturalezza e competenza ruoli un tempo destinati al mondo maschile.
Con l’avanzare nella nostra società del percorso di autonomia e consapevolezza della donna, anche l’associazionismo si è adeguato. In Italia la prima donna presidente del Rotary (dopo l’apertura del Rotary international al gentil sesso nel 1989) viene eletta nei primi anni ’90.
Abbiamo chiesto a Gianfranca Tempestini di raccontarci le linee e le aspettative con cui affronta il “suo” anno rotariano.
Gianfranca essere presidente di un Rotary cosa rappresenta per lei?
Certamente è un qualcosa che quando ho iniziato a lavorare non avrei pensato si potesse verificare. Trenta anni fa ho fatto scalpore perché sebbene molto giovane sono stata la prima donna nel consiglio dell’unione industriali di Savona, nonché presidente della sezione del terziario avanzato, ed oggi anche se non fa lo stesso scalpore, presiedo un Rotary con la stessa propositività di allora. In quegli anni, infatti, lavoravo nell’informatica e nell’azienda di famiglia e già allora mi sarebbe molto piaciuto entrare nel Rotary.
E cosa la attirava in modo particolare?
L’aspetto del servizio e l’impegno legati al Rotary per me sono stati un richiamo fondamentale. Inoltre essendo un’imprenditrice notavo come negli ambienti di lavoro molti uomini erano rotariani e noi donne risultavamo escluse. Oggi invece la donna è accettata ed entra per le sue capacità. Sono contraria infatti alle quote rosa, poiché ci sminuiscono.
E cosa ha portato di nuovo, secondo lei, l’ingresso della donna nel Rotary?
Tra le tante cose ha portato il nostro senso materno, la nostra predisposizione a “prenderci cura” delle persone. Una donna ovunque vada porta quella intelligenza emotiva, quella sensibilità, che ci caratterizza, che ci mette a servizio delle situazioni, in famiglia come in azienda, come nella vita sociale. Inoltre credo in un futuro indipendente dal sesso e credo nella “persona”: nel suo impegno, nella sua motivazione.
Il Rotary assorbe, in senso associativo, tutto il suo tempo libero?
Sono impegnata anche in altre realtà. Per esempio nel Club di Savona di Amitiè sans Frontieres, associazione internazionale creata nel 1991 nel Principato di Monaco da Regine Vardon West, il cui presidente onorario è il Principe Alberto II di Monaco.
Il Genova Lanterna di cui è presidente era nato come e-club, quanto importanti sono oggi internet e la comunicazione?
Siamo nati come e-club per via anche di alcuni soci che vivono all’estero. Oggi tecnicamente non lo siamo più ma manterremo l’abitudine di fare regolarmente anche riunioni via chat e video conferenze. Bisogna restare al passo con i tempi e nello stesso tempo privilegiare la dimensione d’incontro fra i soci. Riguardo alla comunicazione penso che oggigiorno sia necessario “fare, fare bene e farlo sapere…però innanzitutto fare.
E quanto é cambiato, a parte la presenza del gentil sesso, il Rotary in questi anni?
Prima i club lavoravano prevalentemente da soli, adesso sotto il profilo dei service si cerca di collaborare per essere più incisivi. A Genova siamo 11 Rotary e oltre mille soci. Realizziamo, per esempio, tutti insieme parecchi service, uno tra questi è “Dalla strada alla casa”, attraverso l’associazione San Marcellino Onlus, forti del principio che “uniti si fa la differenza”. Il progetto è rivolto a chi vive in strada senza riferimento, senza una fissa dimora. Queste persone vengono indirizzate nuovamente ad una vita “normale”, anche grazie ad un supporto psicologico e pratico, a laboratori di rieducazione, borse lavoro ecc. Li aiutiamo a rifarsi una vita. Ogni club ovviamente può collaborare a seconda delle proprie disponibilità. Paul Harrys, infatti (fondatore del Rotary international) affermava che quello che la società ci ha dato lo dobbiamo restituire. Come si fa d’altronde a “stare bene” in un contesto di gente che sta male, che soffre?
Nella foto Gianfranca Tempestini durante l’intervista a Savona
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