Principato di Monaco: Intervista ad Alessandro Masi sulla Vita “maledetta” di Benvenuto Cellini 

Principato di Monaco: Intervista ad Alessandro Masi sulla vita "maledetta" di Benvenuto Cellini 
Alessandro Masi, Segretario Generaledella Società Dante Alighieri.
di Angela Valenti Durazzo – Alessandro Masi, storico dell’arte contemporanea e Segretario Generale della Società Dante Alighieri, ha risposto a qualche domanda sul grande artista fiorentino e sulla sua controversa esistenza di uomo geniale e dall’indole irrequieta e violenta a cui ha dedicato il volume “Vita maledetta di Benvenuto Cellini” (Neri Pozza, Novembre 2023).  Ne hanno parlato, lo scorso 15 dicembre all’ Auditorium Rainier III di Monaco, per iniziativa dell’associazione Dante Alighieri Comitato di Monaco, l’esperto d’arte Alfredo Pallesi e lo stesso Masi, con letture tratte dall’autobiografia originale di Cellini affidate alla “voce” dell’attore Remo Girone.
Con Benvenuto Cellini oltre all’eccellenza artistica abbiamo anche l’eccellenza linguistica e culturale legata all’avere scritto un’autobiografia. Mi può dire qualcosa sulla sua capacità letteraria?
Quella di Cellini, come ha ricordato lei, è un’eccellenza artistica, essendo un grande orafo del Cinquecento e scultore. In realtà poi Benvenuto Cellini scrive la prima autobiografia della storia dell’arte, nella quale racconta la vita di un uomo “maledetto”: il suo bene e il suo male, non risparmiandosi nulla, in un italiano che fu già all’epoca considerato di grande valore.
Un’autobiografia, quindi, in cui Cellini descrive le sue passioni, quella per l’arte orafa e per la scultura innanzitutto
Si, ci conferma come l’arte per lui è la grande passione della vita. Il padre Giovanni non voleva che facesse l’artista ma il pifferaio, poiché lui era nella banda di pifferi di casa Medici. Ma Cellini in realtà non fa quello che vogliono fargli fare gli altri, ma quello che vuole fare lui, l’orafo. Questa grande passione è condita però da una vita avventurosa che crea un po’ il prototipo dell’artista folle: l’artista è qualcosa di straordinario e la sua vita sempre avventurosa, sopra le righe.
Ma si tratta di un’autobiografia sincera?
I fatti ovviamente sono veri, sono accaduti, anche se lui ha questa grande capacità, anche come artista, di arricchire, come nell’episodio della fuga da Castel Sant’Angelo. In ogni caso però non nasconde i suoi difetti.
Cosa l’ha ispirata a puntare la sua attenzione di scrittore e storico dell’arte su Cellini?
È una storia molto particolare: quando da ragazzo a Pasqua, andai a visitare Castel Sant’Angelo ne restai impressionato. Volli saperne di più e così appresi la storia dell’evasione di Cellini. E l’idea che lui fosse scappato da lì perché si fece credere un pipistrello dal comandante delle guardie, il quale soffriva di schizofrenia, mi ha affascinato ed è rimasta nella mia memoria. Dopo tantissimi anni, in tempo di Covid, dopo aver finito l’opera su Giotto, Cellini si potrebbe dire, mi chiamò e quindi il libro è venuto tutto da solo, è stato tutto dettato da Cellini, io ho solo messo la mano al computer…”.

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