Cure Palliative: Intervista al Medico di Imperia Gabriella Manfredi

Cure palliative: intervista al medico di Imperia Gabriella Manfredi

di Angela Valenti Durazzo – Oltre ad una grande competenza professionale occorre “un mix di scienza ed umanità”: stiamo parlando delle cure palliative, argomento di grande attualità. Abbiamo intervistato su questa tematica, Gabriella Manfredi, medico palliativista di Imperia.“Si può essere curati anche quando non si può essere guariti” ha tenuto a precisare, fra le altre cose, la dottoressa che vive e lavora nella provincia italiana confinante con la Francia.

Dottoressa Manfredi in cosa consistono le cure palliative?

Prendendo a prestito una frase di Rita Levi di Montalcini servono ad aggiungere vita ai giorni e non giorni alla vita. Infatti si deve curare anche quando la malattia non è più suscettibile di guarigione. Le cure palliative si rivolgono a quei pazienti affetti da malattie inguaribili e che si avvicinano alla fase finale dell’esistenza, con lo scopo di garantire la miglior qualità della vita nell’ultimo periodo. A noi si rivolgono al 90 per cento pazienti oncologici, ed in percentuale minore pazienti affetti da malattie neurologiche degenerative o altre patologie complesse non suscettibili di guarigione. Va detto che non tutti i casi di cancro necessitano del palliativista. Le terapie che somministriamo servono per lenire il dolore, ma anche tutti i sintomi correlati all’evolversi della patologia, quali ad esempio la debolezza e l’ansia.

Un’assistenza umana oltre che fisica, dunque

Si, il palliativista si occupa a 360 gradi del paziente: oltreché del dolore fisico – che viene curato con farmaci specifici quali antinfiammatori non steroidei, cortisone, oppiacei deboli o forti ecc. – si preoccupa anche della psicologia e contestualizza la malattia ed il malato nell’ambito familiare, perché questa fase coinvolge tutta la famiglia. Il palliativista compie insieme ai parenti un percorso, dando loro la certezza di non essere soli. Recentemente in Italia è stata promulgata la legge sul consenso informato (conosciuta come legge del bio-testamento). Stabilisce fra le altre cose che ogni persona, a meno che non dica “io non lo voglio sapere”, ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi ecc. L’accettazione delle diagnosi oncologiche non è spesso facile, è un processo di elaborazione che segue diverse fasi: una fase di negazione che porta il paziente a pensare “ma forse si sono sbagliati?” seguita spesso da rabbia (“ma perché proprio a me?”) e da una fase di patteggiamento, elaborazione che può comportare in alcuni casi depressione, ed infine di accettazione.

Quali sono le capacità che deve avere il palliativista ed in quali strutture vengono applicate le cure?

Un bravo palliativista bilancia la terapia ed i farmaci al millimetro per dare una migliore qualità di vita al paziente e farlo stare nel miglior modo possibile. Nelle ultime ore di vita, e con l’esplicito consenso del paziente, può essere attuata la cosiddetta sedazione palliativa, che nulla ha a che fare con l’eutanasia. Ma ciò che non si deve dimenticare è che questo è un lavoro di equipe, nel quale occorrono: medico, psicologo, infermiere, operatore socio-sanitario e, se richiesto, il conforto religioso. Riguardo alle modalità le cure palliative possono essere svolte in ambito ambulatoriale, domiciliare oppure negli hospice (strutture residenziali per la cura e assistenza di malati che ricevono cure palliative). In questi ultimi il malato entra con i parenti, e persino, se vuole, col proprio amico a quattro zampe. E noi lavoriamo senza camice perché siamo “a casa” del paziente.

Si dice che in Italia ci sia poca informazione su questo tipo di trattamenti, da cosa dipende?

Dipende, penso, dal fatto che queste sono scienze giovani. Nel nostro Paese, per esempio, non esiste ancora la specializzazione in scienze palliative. Vi sono master in cure palliative, corsi, congressi, c’è la Società Italiana di Cure Palliative ( http://www.sicp.it/web/eventi/SICP/index.cfm ), ma non c’è alcuna specialità. Esistono inoltre associazioni come la Gigi Ghirotti (associazione di volontariato nata nel 1984 per alleviare il dolore nei malati di tumore) ed altre a cui rivolgersi.

Cosa l’ha spinta, dottoressa Manfredi, a dedicarsi alle cure palliative?

Nel 2011 un amico a cui era mancato il figlio sedicenne per un brutto male mi ha chiesto di lavorare come medico volontario alla Sorridi con Pietro onlus di Imperia che si occupa di cure palliative pediatriche e lavora anche col Gaslini di Genova. Da quel momento ho deciso di dedicarmi a lenire le sofferenze delle persone che non potevano più essere guarite.

Riguardo all’importanza del rapporto medico-paziente si veda: http://monacoitaliamagazine.net/limportanza-dellempatia-nel-rapporto-tra-medico-e-paziente

 

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