di Angela Valenti Durazzo Applausi nel Principato per “Non ci sono più le donne di una volta”, lo spettacolo ideato e interpretato da Daniela Tusa, andato in scena a cura dell’associazione il Teatro della Vita il 26 aprile al Théâtre des Muses di Monaco.
Si tratta di una rappresentazione ironica e pungente, di “un reading semiserio per donne tutte d’un pezzo o donne a pezzi” come riporta la locandina della serata.
Lo spettacolo, spiega l’autrice e interprete “prende spunto da una serie di ‘decaloghi della moglie perfetta’ pubblicati da importanti riviste negli anni del dopo guerra negli Stati Uniti e in Italia e diffuse per decenni, che dettavano le linee di comportamento rivolte principalmente al sesso femminile per una buona pacifica conduzione della casa, della famiglia e del matrimonio”.
Daniela Tusa, attrice e conduttrice di laboratori di teatro, si è formata alla Scuola del Teatro Stabile di Genova, studiando successivamente con maestri quali: Judith Malina, Dominique Dupuy, Cesar Brie, Gianluigi Ghersi, Antonio Catalano e Pupi Avati.
Non ci sono più le donne di una volta: aspettando la moglie perfetta
E sulla falsa riga delle indicazioni contenute in questi decaloghi dell’inizio del secolo scorso la Tusa ha “scomodato” diversi personaggi femminili iconici, quali Eva, Beatrice, Francesca da Rimini. Ma in scena sono andate anche situazioni di tutti i giorni, quali gli stentati e poco convincenti apprezzamenti di una madre al figlio nei confronti della futura nuora (“essere sottomessa alla madre del marito” recitava al punto 12 il decalogo di inizio Novecento) o le rocambolesche e schiette argomentazioni di una donna moderna che nell’atto di chiudere una relazione, confidando al partner di avere un altro, sbotta dicendo: “Tu che hai sempre voluto solo la mia felicità. Se mi impedisci di stare con lui, allora non vuoi la mia felicità! “.
Al telefono con Francesca da Rimini nell’inferno dantesco
Ma tornando alle vicende di donne entrate a far parte dell’immaginario sentimentale collettivo, incasellate nei ruoli che la storia e la letteratura ci hanno tramandato, saranno andate proprio come ce le hanno raccontate?
Non resta che “intervistarle” e attualizzare con ironia le storie di queste lady della storia. Partendo da una “certa” Francesca da Rimini che nel corso di una telefonata, ricevuta direttamente nel secondo girone dell’inferno dantesco, racconta “Paolo non era mica male sa? Un tipo in gamba, un bell’uomo, si conservava bene, uno sportivo, ci aveva certe braccia… un tipo atletico. Eh… son debolezze sa?”. E poi la Francesca di Daniela Tusa precisa che galeotto non fu il libro e chi lo scrisse…bensì “galeotto!” fu l’epiteto che lei rivolse al focoso amante “poiché non sta bene approfittarsi così di una giovane”.
La rassegna ironica di volti femminili di altri tempi non poteva non contemplare Beatrice, musa ispiratrice di Dante, simbolo della donna amata per eccellenza, la quale, però, sottolinea come già nel primo incontro a 9 anni, il futuro sommo poeta invece di dirle “Beatrice ti regalo un gelato, ci ha fatto 10 poesie di duemila versi”.
L’originale viaggio nel mondo femminile ha dunque fatto ridere di gusto il pubblico che ha partecipato alla nuova iniziativa del Teatro della Vita – associazione di cui Carolina Mosti è presidente, Emanuela Spinetta vice-presidente e Laura Trimarchi direttore artistico – ma ha anche certamente offerto uno spunto di riflessione sulla condizione femminile di ogni tempo. Infatti, come ha ricordato ad inizio serata Carolina Mosti “dietro ad una grande donna c’è sempre… il suo coraggio!” riassumendo in anticipo la “morale” dello spettacolo e il legame tra storie antiche e vicende di ogni giorno.
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