Credo mia premessa al libro mai pubblicata Angela Valenti Durazzo Giacomo Durazzo Il fratello del Doge di Genova GLI INCONTRI E GLI SCONTRI DEL DIPLOMATICO GENOVESE, DIVENUTO DIRETTORE DEI TEATRI DI VIENNA E RIFORMATORE DEL MELODRAMMA, CON GOLDONI, CASANOVA, MARIA TERESA D’AUSTRIA, KAUNITZ, METASTASIO, GLUCK, DE CALZABIGI, GEOFFROY BODIN, HILVERDING, STARZER, ANGIOLINI, TRAETTA, MIGLIAVACCA, NOVERRE, MOZART, KAUNITZ, GIUSEPPE II, KEVENKÜLLER, ALBERTO DI SASSONIA, MARIA CRISTINA D’AUSTRIA, DAVID, BENINCASA…LUNGO UNA VITA CHE E’ GIA’ ROMANZO. CONTIENE RASSEGNA BIBLIOGRAFICA E CORRISPONDENZE DIPLOMATICHE CHRA Principauté de Monaco A Giuseppe Maria Durazzo, naturalmente. “lungo una vita che è già romanzo” premessa dell’autrice Giunta al termine della stesura del libro “I Durazzo da schiavi a dogi della Repubblica di Genova”, fra le tante figure che ho affrontato nell’ambito di una dinastia genovese che diede alla Repubblica 9 dogi ed una miriade di personaggi celebri, ho intrapreso la “lettura” di quella di Giacomo Durazzo, personaggio celebrato a livello internazionale e tra i più importanti del casato. Giacomo é conte settecentesco, illuminista, appassionato della filosofia di Rousseau, appassionato degli enciclopedisti, che in parte conosce, riformatore, diplomatico, collezionista, impresario teatrale, musicolfilo, viveur… e, dato non marginale nella storia personale, fratello dell’altrettanto famoso, burbero, appassionato, celebrato, doge Marcellino, espressione della tradizione politica genovese e durazziana. Giacomo nasce come si suol dire con il cucchiaio d’argento in bocca. Il Metastasio riferendosi a lui parla delle “luminose qualità che ha portato seco nascendo” . Ma, caso più unico che raro in famiglia, vedrà terminare la propria esistenza in ristrettezze economiche, constatazione che, in considerazione degli alti traguardi ottenuti nel corso della propria vita, lo rende, innanzitutto, una figura dai profondi risvolti umani. Eppure la famiglia Durazzo, dinastia genovese di aristocratici finanzieri, raggiungeva il proprio acme economico e sociale proprio in concomitanza con la nascita di Giacomo, nel diciottesimo secolo. A quel tempo, M.J…Armengaud illustrava fra i tanti la ricchezza del casato: “Il y a à Gênes deux palais Durazzo, tous deux remarquables, le palais Marcel Durazzo, aujourd’hui Palais-Royal, et le palais Philippe Durazzo. Et ce ne sont pas les seuls, s’il faut en croire, cet ancien diction populaire: “Si vous voyez un palais, il doit appartenir à un Durazzo”. Genova era città di palazzi Durazzo, e l’influsso politico della famiglia capace di sopravvivere a differenza di altri casati, alla bancarotta della Corona Spagnola, era più che mai forte nell’epoca in cui la giovane promessa del casato venne alla luce. Per non parlare di quella culturale che contava, nell’enturage artistico della famiglia, geni assoluti come Goldoni. Ma Giacomo, lo abbiamo già capito da questi primi cenni biografici, é un personaggio che per molti aspetti, pur nella comune grandezza, si discosta dai tradizionali canoni della famiglia Durazzo. La sua è una figura romanzesca, geniale, inquieta, sempre in lotta con le proprie aspettative, e talvolta scomoda, come spesso scomode sono le grandi personalità. Il conte Giacomo è innanzitutto un genovese che nel Settecento, epoca di grandi innovazioni del pensiero e della società, riesce a ritagliarsi uno spazio nella corte di Maria Teresa d’Austria conquistando la stima e l’amicizia del potentissimo Cancelliere di Stato Kaunitz. Molti sono gli storici e i musicologi nazionali e stranieri che scrivono e hanno scritto di lui. La recente mostra organizzata nel contesto delle Olimpiadi di Torino “Torino musicale “scrinium” di Vivaldi (Biblioteca Nazionale Universitaria – Torino 2006) racconta del preziosissimo fondo di manoscritti vivaldiani da lui acquistati e messi in salvo, attraverso i suoi eredi, a beneficio dei posteri. L’esposizione organizzata nell’ambito di Genova 2004 Capitale europea della Cultura “Da Tintoretto a Rubens. Capolavori della Collezione Durazzo, dedica proprio a Giacomo ed alle sue collezioni uno spazio importante. La mostra su Giacomo Durazzo al Palazzo Reale XXX Quella del Conte Giacomo quindi é una figura nota e apprezzata a livello internazionale, la cui opera, però, data la vastità degli interessi e la sua dimensione europea, è spesso conosciuta nell’ambito dei singoli segmenti culturali e non nella sua interezza. Interezza che la trasforma in definitiva in un “progetto”. Un progetto che vede Giacomo Durazzo, ambasciatore della Repubblica aristocratica di Genova a Vienna, direttore dei Teatri imperiali di Vienna e “intimo consigliere di stato di sua Maestà Imperiale” (poi caduto in disgrazia presso la stessa Maria Teresa d’Austria e successivamente “riabilitato” dal figlio, l’imperatore Giuseppe II) dare vita ad un’esistenza “emblematica della passione e del travaglio di un’intera generazione di illuministi”. Desideroso costantemente di misurarsi con sé stesso anche per dimenticare, forse, di essere il fratello di un primogenito ingombrante come il doge Marcellino Durazzo “celebre come il Papa a Roma e come il Padiscià a Costantinopoli”. Per permettere a chi leggerà questo volume di cogliere anticipatamente l’apertura mentale europea di Giacomo Durazzo e l’ampiezza del suo “progetto” culturale riassumo già nella premessa alcune tappe fondamentali della sua vita che si incrocia e sovrappone con quella molti ingegni del suo secolo. Il Durazzo come scrive Walter Koschatzky, già direttore dell’Albertina di Vienna “aveva da subito riconosciuto l’ingegno di Gluck. Lo aveva sostenuto in tutti i modi e dunque compiuto un’azione epocale”. Grazie al suo sostegno e alla sua “guida” Gluck porterà avanti una riforma, conosciuta anche come “Riforma Durazzo”, che in realtà verrà scritta a tre mani: quella del Durazzo, di Gluck e di De Calzabigi, e che avrà come punto più alto la rappresentazione de l’Orfeo ed Euridice di Gluck a Vienna nel 1762. “Count Giacomo Durazzo, assistant director of the court theatres, admirere of French culture, and encouraged Gluck to use that as his model. Together they created four landmark productions: the ballet “Don Juan” (1761) and the operas “Orfeo and Euridice” (1762), “Alceste” (1767), and “Paride and Elena” (1770). Gluck’s music, with its austerity, directness, and emphasis on dramatic illustration, was bold and entirely new in concept, and was initially greeted with total incomprehension”. Alcune tappe e riforme della vita del conte Durazzo – 1749 Nomina a Inviato straordinario (Ministro Residente) della Repubblica di Genova a Vienna. 1750 (17 marzo) Nozze con la contessa Ernestine Ungnad Von Weissenwolf, damigella di corte dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria e figlia del Conte Giuseppe Antonio, Presidente del Governo d’Alta Austria. 1752 Assistente del Direttore Generale degli Spettacoli di Vienna. 1752 Direttore della Musica da Camera di Corte (Hof-und Kammermusik-Direktor) 1753 (12 giugno) Nomina a Consigliere Segreto Titolare dell’Imperatrice. 1754 Nomina a Intendente Generale dei Teatri e degli Spettacoli di Vienna (Generalspektakeldirektor). 1754 Assume e lancia il giovane, e all’epoca poco conosciuto, compositore Christoph Willibald Gluck per 2000 fiorini. 1755 (25 giugno) Rappresentazione al Laxemburg de Le cacciatrici amanti, festa teatrale di Georg Christoph Wagenseil con testi di Giacomo Durazzo (si veda lettera del Metastasio a Pietro Trapassi 7 Luglio 1755) 1755 (8 dicembre) Prima rappresentazione al Burgtheater di Vienna dell’Innocenza Giustificata di Gluck, libretto di Pietro Metastasio e Giacomo Durazzo (poi rifatta come La vestale, Vienna 1768). 1755 (18 dicembre) Rappresentazione de La Gara musicato da Johann Georg Reutter, con testi rielaborati da Giacomo Durazzo. 1756 (29 gennaio) rappresentazione de La joie imprévue con testi del Durazzo. 1759 Inizia la collaborazione con Charles Simon Favart, direttore dell’Opera di Parigi. 1760 nomina a Musikgraf (da noi tradotto Cavaliere, Conte della Musica) 1761 Rappresentazione del Don Juan di Gluck, primo Ballet D’Action. 17 Incontra Ranieri de Calzabigi 1762 (5 ottobre) Prima Rappresentazione dell’ Orfeo e Euridice Di Gluck al teatro Hofburg di Vienna (culmine della “Riforma Durazzo” dell’Opera). 1764 Caduta in disgrazia e dimissioni presentate a Giuseppe II 1764 nomina ad Ambasciatore Imperiale a Venezia. Inizia la Collaborazione con il pittore Giovanni David. 1773 Proposta ad Alberto di Sassonia di creare una Raccolta di Stampe (futura Albertina di Vienna). 1776, 4 luglio, Consegna ad Alberto Principe di Sassonia di 30.000 stampe (primo nucleo dell’Albertina di Vienna). 1780 Intorno a quest’anno viene in possesso dei manoscritti vivaldiani appartenuti al collezionista Jacopo Soranzo, a circa 40 anni dalla morte del prete rosso. 1784 Dimissioni da Ambasciatore Imperiale a Venezia. 1784 Pubblicazione della Storia Pratica di Pittura e d’Intaglio in una Raccolta di Stampe Scelte 17…Scomparsa della moglie Ernestine 1794 (15 ottobre) Scomparsa di Giacomo conte Durazzo 17…Sepoltura nella chiesa di San Moisé a Venezia. 1930 (30 aprile) il marchese Giuseppe Maria Durazzo cede, dopo lunghe trattative, la metà della biblioteca vivaldiana in suo possesso allo Stato. Nasce la raccolta dei manoscritti vivaldiani della Biblioteca nazionale universitaria di Torino. Viene alla luce anche il genio di Vivaldi, per lungo tempo custodito in esclusiva dalla famiglia Durazzo. Il definitivo distacco da Genova, di colui che di quella città incarnava più di altri lo spirito e l’educazione, per divenire austriaco d’adozione è vissuta dalla famiglia Durazzo come un evento eccezionale e non del tutto positivo. Le nozze liberamente scelte con un’aristocratica straniera vengono accolte con malcelato distacco. Per capire la portata “rivoluzionaria” delle scelte del Conte basta scorrere il lungo rosario di nobildonne andate in spose ai suoi antenati . Tutte genovesi, scelte in una rosa di selezionatissime famiglie patrizie. Senza neppure un’eccezione. In questo “strappo” con la storia familiare, è facile intuirlo, si condensa il futuro di Giacomo. Nella frase “il fratello del doge” il suo destino. Nell’incapacità della famiglia di comprendere le sue aspirazioni di uomo libero un’ingiustizia alla quale solo il tempo, grazie ai recenti studi, sta ponendo rimedio. Il giovane cadetto è dunque costretto, come per altri motivi il quasi coetaneo (e persino compagno di viaggio) Giacomo Casanova a realizzarsi lontano dalla patria. A sviluppare la passione per il teatro, appresa e inculcata dalla famiglia, e per la cultura francese, lontano da Genova. Il conte del Teatro, dunque, come verrà soprannominato a Vienna, porta con sé nel suo viaggio l’impronta genetica della sua famiglia, dell’aristocrazia genovese e delle spinte ideologiche settecentesche. Per questo nella prima parte del libro, ho voluto dedicare parecchio spazio a tre elementi che costituiscono la premessa dei successi del conte: il rigido e codificato assetto familiare, quello nobiliare genovese e le tensioni del periodo dei lumi, della Rivoluzione Francese (e della sua lunga fermentazione nelle coscienze collettive). A mio avviso è solo considerando questi tre elementi che si può intraprendere la variegata lettura della vita del Conte. Con Casanova il Durazzo condividerà molte amicizie, tra cui quella con il librettista Ranieri De’ Calzabigi, lanciato da lui negli ambienti musicali viennesi. D’altronde è noto il legame del seduttore veneziano con il mondo degli attori e degli artisti “ che costituivano una comunità solidale in tutte le corti del tempo”. Comunità che sia Durazzo che Casanova frequentavano assiduamente e quasi consideravano una seconda famiglia. Ma soprattutto i due si muoveranno lungo analoghe rotte sociali e culturali fra Venezia, Parigi e Vienna, conoscendo i fermenti della generazione che prepara, nel pensiero, i tempi moderni. Con Casanova, nonostante le notevoli differenze di estrazione e di impostazione etica, condividerà l’atteggiamento antidogmatico, la gelosia per la propria individualità, la capacità di analisi politica, l’inquietudine assillante e persino qualche avventura galante. Per esempio quella con la ballerina e cantante, idolo delle scene viennesi, Geoffroy Louise Bodin, di cui, come vedremo più approfonditamente, sia Casanova che Durazzo non si limiteranno ad apprezzare le sole doti canore. La passione per la Bodin, e in generale per il gentil sesso, costeranno al Durazzo addirittura qualche scandalo e la riprovazione della puritana imperatrice Maria Teresa. Dal canto suo la bellissima moglie Ernestine, a cui il nobiluomo, nonostante qualche reciproca scappatella, sarà legato profondamente per tutta l’esistenza (d’altronde una certa libertà di costumi nell’aristocrazia veneziana ed europea del tempo era quasi istituzionalizzata) gli restituirà la pariglia determinando l’allontanamento, da Venezia, di un proprio focoso ammiratore e creando addirittura un caso diplomatico riportato nelle corrispondenze “private” del tempo. Tuttavia anche l’audace vita sentimentale della coppia, che rimandiamo alla lettura del libro, si inserisce in un preciso contesto. Giacomo Durazzo appartiene infatti a pieno titolo, come appare già da questa prima descrizione, “alla stirpe dei Cagliostro e dei Casanova, geniali e libertini, avventurieri e poeti, capaci di procurarsi tanto di fama e amori, quanto di risentimenti e veleni. Sempre al centro dell’attenzione, attivissimi e inquieti, audaci e ingenui, condannati alla fuga e al peregrinare senza pace da un luogo all’altro, ma, alla fine, anche in grado di congegnare la propria vita come un grandioso spettacolo teatrale e come ricerca, pur fra mille infingimenti, della libertà”. Ed il “fratello del doge” a Parigi, come a Vienna o a Venezia, è uomo libero. Libero soprattutto di sublimare l’ideologia dinastica della famiglia Durazzo, partendo proprio dalla “rottura” dei vincoli dinastici. Rottura – o forse sarebbe meglio dire reinterpretazione in chiave moderna del ruolo dinastico – che farà si che il mecenate e diplomatico che aveva frequentato gli intimi collaboratori, i figli ed i generi dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, termini la propria esistenza solo ed in ristrettezze economiche dopo avere speso in iniziative culturali, in gran parte destinate al pubblico, una fortuna. Dato questo che deve fare riflettere. La ricchezza, infatti, all’atto della nascita, rappresentava l’unica vera certezza nella vita di un Durazzo e dello stesso Giacomo. Così, infatti, sintetizza il suo percorso ancora Koschatzky: “La carriera di questo uomo è stata sorprendente. A quanto ha rinunciato per seguire la sua passione per il teatro e quanti intrighi, sospetti e diffamazioni ha sopportato nella città del Kaiser per poter vivere la sua convinzione…”. Alla fine, dopo essersi a lungo opposto alla “riforma” del Conte che veniva da Genova, sarà proprio Metastasio a lasciarci una descrizione profonda e raffinata sulla sua figura, contenuta in una lettera scritta al veneziano Bartolomeo Benincasa, al quale scrive “Voi siete tra le benefiche mani di un personaggio (Giacomo Durazzo) distintissimo e per le luminose qualità che ha portate seco nascendo, e per i sommi gradi ch’egli onora, e vie più per le pellegrine cognizioni delle quali ha saputo fornirsi, e dalle più dotte carte a dal più istruttivo d’ogn’altro, vastissimo libro del mondo. Io so per esperienza quanto egli è perspicace conoscitore degli uomini, e qual compiacenza ei provi (nonché naturale propensione) ad essere loro giovevole…Vi prego di rendergli presente il mio invariabile rispetto, e di andarmi conservando in lui una reminiscenza che tanto mi diletta e mi onora”. Alla fine i due compatrioti che avevano raggiunto i vertici culturali dell’Impero e della corte di Maria Teresa d’Austria, riconoscono reciprocamente il proprio valore, come qualche colta accade anche tra vecchi nemici. E tra un passaggio della sua vita e l’altro, Giacomo Durazzo, forse per cercare di compensare il suo destino di uomo “senza patria”, scrive. Proprio come nello stesso momento, in un altro luogo, il Castello di Dux, sta facendo il compagno di strada Giacomo Casanova, dando vita alla “Histoire de ma vie”. Ambedue anziani e nella sostanza soli. Autori e attori di vite vissute “di getto”, che chiedono ai posteri di essere elaborate ed interpretate. Il libro che ho scritto tiene conto dei pareri e degli scritti dei più accreditati studiosi del Durazzo e del progetto di riforma che egli portò avanti (Ivaldi, Puncuh, Podestà, Raggi, Koschatzky, Haas, Gallarati, Colturato, Brown, Heartz, Sasportes, Croll, Maffioli, Leoncini, Petrucciani, Aghemo, Sebastiani, Porticelli, Montaldo Spigno, Laguzzi, ed altri), oltreché di una vasta bibliografia raccolta in anni di ricerche, ma che risente, ovviamente, anche della visione generale che mi è stata inevitabilmente trasmessa da colui al quale, non a caso, ho dedicato questo volume. Una difficoltà oggettiva, e soprattutto un rallentamento al lavoro svolto (che certo non è completo e necessita di ancora molte ricerche) è consistita nel fatto che molto sul progetto di Riforma del conte, maturato a Vienna, è scritto in lingua tedesca (vedi Koschatzky e Haas). Mentre molta documentazione sulla sua opera si trova tra Vienna e Venezia. Infine le lettere del conte con i suoi principali corrispondenti (vedi Favart) sono spesso in francese, lingua che per fortuna conosco, e molti studi (vedi Brown e Heartz) in inglese. La gran parte di questi importanti lavori sul Durazzo sono quindi stati scritti in lingue straniere, a riprova della sua dimensione internazionale, e non tradotti in italiano al momento in cui questa opera va in stampa. Il multilinguismo relativo alle ricerche su questo personaggio, ed il fatto che i luoghi dove si volge la sua attività di ambasciatore, impresario e collezionista siano tre: Genova, Vienna e Venezia, ha impresso un rallentamento sulla divulgazione degli studi su di lui che tuttavia oggi, nell’epoca di quella circolazione globale delle idee e della comunicazione che tanto sarebbe piaciuta al conte, si stanno diffondendo negli ambienti musicali. Alla fine di questo lavoro non mi resta che sperare che possa valere per me la stessa considerazione riportata da geniale “compagno di avventure” del Durazzo, Giacomo Casanova, nell’introduzione delle sue Memorie: “Se tu non hai fatto cose degne di essere scritte, scrivi almeno cose degne di essere lette”. Angela Valenti Durazzo

Credo mia premessa al libro mai pubblicata Angela Valenti Durazzo Giacomo Durazzo Il fratello del Doge di Genova GLI INCONTRI E GLI SCONTRI DEL DIPLOMATICO GENOVESE, DIVENUTO DIRETTORE DEI TEATRI DI VIENNA E RIFORMATORE DEL MELODRAMMA, CON GOLDONI, CASANOVA, MARIA TERESA D’AUSTRIA, KAUNITZ, METASTASIO, GLUCK, DE CALZABIGI, GEOFFROY BODIN, HILVERDING, STARZER, ANGIOLINI, TRAETTA, MIGLIAVACCA, NOVERRE, MOZART, KAUNITZ, GIUSEPPE II, KEVENKÜLLER, ALBERTO DI SASSONIA, MARIA CRISTINA D’AUSTRIA, DAVID, BENINCASA…LUNGO UNA VITA CHE E’ GIA’ ROMANZO. CONTIENE RASSEGNA BIBLIOGRAFICA E CORRISPONDENZE DIPLOMATICHE CHRA Principauté de Monaco A Giuseppe Maria Durazzo, naturalmente. “lungo una vita che è già romanzo” premessa dell’autrice Giunta al termine della stesura del libro “I Durazzo da schiavi a dogi della Repubblica di Genova”, fra le tante figure che ho affrontato nell’ambito di una dinastia genovese che diede alla Repubblica 9 dogi ed una miriade di personaggi celebri, ho intrapreso la “lettura” di quella di Giacomo Durazzo, personaggio celebrato a livello internazionale e tra i più importanti del casato. Giacomo é conte settecentesco, illuminista, appassionato della filosofia di Rousseau, appassionato degli enciclopedisti, che in parte conosce, riformatore, diplomatico, collezionista, impresario teatrale, musicolfilo, viveur… e, dato non marginale nella storia personale, fratello dell’altrettanto famoso, burbero, appassionato, celebrato, doge Marcellino, espressione della tradizione politica genovese e durazziana. Giacomo nasce come si suol dire con il cucchiaio d’argento in bocca. Il Metastasio riferendosi a lui parla delle “luminose qualità che ha portato seco nascendo” . Ma, caso più unico che raro in famiglia, vedrà terminare la propria esistenza in ristrettezze economiche, constatazione che, in considerazione degli alti traguardi ottenuti nel corso della propria vita, lo rende, innanzitutto, una figura dai profondi risvolti umani. Eppure la famiglia Durazzo, dinastia genovese di aristocratici finanzieri, raggiungeva il proprio acme economico e sociale proprio in concomitanza con la nascita di Giacomo, nel diciottesimo secolo. A quel tempo, M.J…Armengaud illustrava fra i tanti la ricchezza del casato: “Il y a à Gênes deux palais Durazzo, tous deux remarquables, le palais Marcel Durazzo, aujourd’hui Palais-Royal, et le palais Philippe Durazzo. Et ce ne sont pas les seuls, s’il faut en croire, cet ancien diction populaire: “Si vous voyez un palais, il doit appartenir à un Durazzo”. Genova era città di palazzi Durazzo, e l’influsso politico della famiglia capace di sopravvivere a differenza di altri casati, alla bancarotta della Corona Spagnola, era più che mai forte nell’epoca in cui la giovane promessa del casato venne alla luce. Per non parlare di quella culturale che contava, nell’enturage artistico della famiglia, geni assoluti come Goldoni. Ma Giacomo, lo abbiamo già capito da questi primi cenni biografici, é un personaggio che per molti aspetti, pur nella comune grandezza, si discosta dai tradizionali canoni della famiglia Durazzo. La sua è una figura romanzesca, geniale, inquieta, sempre in lotta con le proprie aspettative, e talvolta scomoda, come spesso scomode sono le grandi personalità. Il conte Giacomo è innanzitutto un genovese che nel Settecento, epoca di grandi innovazioni del pensiero e della società, riesce a ritagliarsi uno spazio nella corte di Maria Teresa d’Austria conquistando la stima e l’amicizia del potentissimo Cancelliere di Stato Kaunitz. Molti sono gli storici e i musicologi nazionali e stranieri che scrivono e hanno scritto di lui. La recente mostra organizzata nel contesto delle Olimpiadi di Torino “Torino musicale “scrinium” di Vivaldi (Biblioteca Nazionale Universitaria - Torino 2006) racconta del preziosissimo fondo di manoscritti vivaldiani da lui acquistati e messi in salvo, attraverso i suoi eredi, a beneficio dei posteri. L’esposizione organizzata nell’ambito di Genova 2004 Capitale europea della Cultura “Da Tintoretto a Rubens. Capolavori della Collezione Durazzo, dedica proprio a Giacomo ed alle sue collezioni uno spazio importante. La mostra su Giacomo Durazzo al Palazzo Reale XXX Quella del Conte Giacomo quindi é una figura nota e apprezzata a livello internazionale, la cui opera, però, data la vastità degli interessi e la sua dimensione europea, è spesso conosciuta nell’ambito dei singoli segmenti culturali e non nella sua interezza. Interezza che la trasforma in definitiva in un “progetto”. Un progetto che vede Giacomo Durazzo, ambasciatore della Repubblica aristocratica di Genova a Vienna, direttore dei Teatri imperiali di Vienna e “intimo consigliere di stato di sua Maestà Imperiale” (poi caduto in disgrazia presso la stessa Maria Teresa d’Austria e successivamente “riabilitato” dal figlio, l’imperatore Giuseppe II) dare vita ad un’esistenza “emblematica della passione e del travaglio di un’intera generazione di illuministi”. Desideroso costantemente di misurarsi con sé stesso anche per dimenticare, forse, di essere il fratello di un primogenito ingombrante come il doge Marcellino Durazzo “celebre come il Papa a Roma e come il Padiscià a Costantinopoli”. Per permettere a chi leggerà questo volume di cogliere anticipatamente l’apertura mentale europea di Giacomo Durazzo e l’ampiezza del suo “progetto” culturale riassumo già nella premessa alcune tappe fondamentali della sua vita che si incrocia e sovrappone con quella molti ingegni del suo secolo. Il Durazzo come scrive Walter Koschatzky, già direttore dell’Albertina di Vienna “aveva da subito riconosciuto l’ingegno di Gluck. Lo aveva sostenuto in tutti i modi e dunque compiuto un’azione epocale”. Grazie al suo sostegno e alla sua “guida” Gluck porterà avanti una riforma, conosciuta anche come “Riforma Durazzo”, che in realtà verrà scritta a tre mani: quella del Durazzo, di Gluck e di De Calzabigi, e che avrà come punto più alto la rappresentazione de l’Orfeo ed Euridice di Gluck a Vienna nel 1762. “Count Giacomo Durazzo, assistant director of the court theatres, admirere of French culture, and encouraged Gluck to use that as his model. Together they created four landmark productions: the ballet “Don Juan” (1761) and the operas “Orfeo and Euridice” (1762), “Alceste” (1767), and “Paride and Elena” (1770). Gluck’s music, with its austerity, directness, and emphasis on dramatic illustration, was bold and entirely new in concept, and was initially greeted with total incomprehension”. Alcune tappe e riforme della vita del conte Durazzo - 1749 Nomina a Inviato straordinario (Ministro Residente) della Repubblica di Genova a Vienna. 1750 (17 marzo) Nozze con la contessa Ernestine Ungnad Von Weissenwolf, damigella di corte dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria e figlia del Conte Giuseppe Antonio, Presidente del Governo d’Alta Austria. 1752 Assistente del Direttore Generale degli Spettacoli di Vienna. 1752 Direttore della Musica da Camera di Corte (Hof-und Kammermusik-Direktor) 1753 (12 giugno) Nomina a Consigliere Segreto Titolare dell’Imperatrice. 1754 Nomina a Intendente Generale dei Teatri e degli Spettacoli di Vienna (Generalspektakeldirektor). 1754 Assume e lancia il giovane, e all’epoca poco conosciuto, compositore Christoph Willibald Gluck per 2000 fiorini. 1755 (25 giugno) Rappresentazione al Laxemburg de Le cacciatrici amanti, festa teatrale di Georg Christoph Wagenseil con testi di Giacomo Durazzo (si veda lettera del Metastasio a Pietro Trapassi 7 Luglio 1755) 1755 (8 dicembre) Prima rappresentazione al Burgtheater di Vienna dell’Innocenza Giustificata di Gluck, libretto di Pietro Metastasio e Giacomo Durazzo (poi rifatta come La vestale, Vienna 1768). 1755 (18 dicembre) Rappresentazione de La Gara musicato da Johann Georg Reutter, con testi rielaborati da Giacomo Durazzo. 1756 (29 gennaio) rappresentazione de La joie imprévue con testi del Durazzo. 1759 Inizia la collaborazione con Charles Simon Favart, direttore dell’Opera di Parigi. 1760 nomina a Musikgraf (da noi tradotto Cavaliere, Conte della Musica) 1761 Rappresentazione del Don Juan di Gluck, primo Ballet D’Action. 17 Incontra Ranieri de Calzabigi 1762 (5 ottobre) Prima Rappresentazione dell’ Orfeo e Euridice Di Gluck al teatro Hofburg di Vienna (culmine della “Riforma Durazzo” dell’Opera). 1764 Caduta in disgrazia e dimissioni presentate a Giuseppe II 1764 nomina ad Ambasciatore Imperiale a Venezia. Inizia la Collaborazione con il pittore Giovanni David. 1773 Proposta ad Alberto di Sassonia di creare una Raccolta di Stampe (futura Albertina di Vienna). 1776, 4 luglio, Consegna ad Alberto Principe di Sassonia di 30.000 stampe (primo nucleo dell’Albertina di Vienna). 1780 Intorno a quest’anno viene in possesso dei manoscritti vivaldiani appartenuti al collezionista Jacopo Soranzo, a circa 40 anni dalla morte del prete rosso. 1784 Dimissioni da Ambasciatore Imperiale a Venezia. 1784 Pubblicazione della Storia Pratica di Pittura e d’Intaglio in una Raccolta di Stampe Scelte 17…Scomparsa della moglie Ernestine 1794 (15 ottobre) Scomparsa di Giacomo conte Durazzo 17…Sepoltura nella chiesa di San Moisé a Venezia. 1930 (30 aprile) il marchese Giuseppe Maria Durazzo cede, dopo lunghe trattative, la metà della biblioteca vivaldiana in suo possesso allo Stato. Nasce la raccolta dei manoscritti vivaldiani della Biblioteca nazionale universitaria di Torino. Viene alla luce anche il genio di Vivaldi, per lungo tempo custodito in esclusiva dalla famiglia Durazzo. Il definitivo distacco da Genova, di colui che di quella città incarnava più di altri lo spirito e l’educazione, per divenire austriaco d’adozione è vissuta dalla famiglia Durazzo come un evento eccezionale e non del tutto positivo. Le nozze liberamente scelte con un’aristocratica straniera vengono accolte con malcelato distacco. Per capire la portata “rivoluzionaria” delle scelte del Conte basta scorrere il lungo rosario di nobildonne andate in spose ai suoi antenati . Tutte genovesi, scelte in una rosa di selezionatissime famiglie patrizie. Senza neppure un’eccezione. In questo “strappo” con la storia familiare, è facile intuirlo, si condensa il futuro di Giacomo. Nella frase “il fratello del doge” il suo destino. Nell’incapacità della famiglia di comprendere le sue aspirazioni di uomo libero un’ingiustizia alla quale solo il tempo, grazie ai recenti studi, sta ponendo rimedio. Il giovane cadetto è dunque costretto, come per altri motivi il quasi coetaneo (e persino compagno di viaggio) Giacomo Casanova a realizzarsi lontano dalla patria. A sviluppare la passione per il teatro, appresa e inculcata dalla famiglia, e per la cultura francese, lontano da Genova. Il conte del Teatro, dunque, come verrà soprannominato a Vienna, porta con sé nel suo viaggio l’impronta genetica della sua famiglia, dell’aristocrazia genovese e delle spinte ideologiche settecentesche. Per questo nella prima parte del libro, ho voluto dedicare parecchio spazio a tre elementi che costituiscono la premessa dei successi del conte: il rigido e codificato assetto familiare, quello nobiliare genovese e le tensioni del periodo dei lumi, della Rivoluzione Francese (e della sua lunga fermentazione nelle coscienze collettive). A mio avviso è solo considerando questi tre elementi che si può intraprendere la variegata lettura della vita del Conte. Con Casanova il Durazzo condividerà molte amicizie, tra cui quella con il librettista Ranieri De’ Calzabigi, lanciato da lui negli ambienti musicali viennesi. D’altronde è noto il legame del seduttore veneziano con il mondo degli attori e degli artisti “ che costituivano una comunità solidale in tutte le corti del tempo”. Comunità che sia Durazzo che Casanova frequentavano assiduamente e quasi consideravano una seconda famiglia. Ma soprattutto i due si muoveranno lungo analoghe rotte sociali e culturali fra Venezia, Parigi e Vienna, conoscendo i fermenti della generazione che prepara, nel pensiero, i tempi moderni. Con Casanova, nonostante le notevoli differenze di estrazione e di impostazione etica, condividerà l’atteggiamento antidogmatico, la gelosia per la propria individualità, la capacità di analisi politica, l’inquietudine assillante e persino qualche avventura galante. Per esempio quella con la ballerina e cantante, idolo delle scene viennesi, Geoffroy Louise Bodin, di cui, come vedremo più approfonditamente, sia Casanova che Durazzo non si limiteranno ad apprezzare le sole doti canore. La passione per la Bodin, e in generale per il gentil sesso, costeranno al Durazzo addirittura qualche scandalo e la riprovazione della puritana imperatrice Maria Teresa. Dal canto suo la bellissima moglie Ernestine, a cui il nobiluomo, nonostante qualche reciproca scappatella, sarà legato profondamente per tutta l’esistenza (d’altronde una certa libertà di costumi nell’aristocrazia veneziana ed europea del tempo era quasi istituzionalizzata) gli restituirà la pariglia determinando l’allontanamento, da Venezia, di un proprio focoso ammiratore e creando addirittura un caso diplomatico riportato nelle corrispondenze “private” del tempo. Tuttavia anche l’audace vita sentimentale della coppia, che rimandiamo alla lettura del libro, si inserisce in un preciso contesto. Giacomo Durazzo appartiene infatti a pieno titolo, come appare già da questa prima descrizione, “alla stirpe dei Cagliostro e dei Casanova, geniali e libertini, avventurieri e poeti, capaci di procurarsi tanto di fama e amori, quanto di risentimenti e veleni. Sempre al centro dell’attenzione, attivissimi e inquieti, audaci e ingenui, condannati alla fuga e al peregrinare senza pace da un luogo all’altro, ma, alla fine, anche in grado di congegnare la propria vita come un grandioso spettacolo teatrale e come ricerca, pur fra mille infingimenti, della libertà”. Ed il “fratello del doge” a Parigi, come a Vienna o a Venezia, è uomo libero. Libero soprattutto di sublimare l’ideologia dinastica della famiglia Durazzo, partendo proprio dalla “rottura” dei vincoli dinastici. Rottura - o forse sarebbe meglio dire reinterpretazione in chiave moderna del ruolo dinastico - che farà si che il mecenate e diplomatico che aveva frequentato gli intimi collaboratori, i figli ed i generi dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, termini la propria esistenza solo ed in ristrettezze economiche dopo avere speso in iniziative culturali, in gran parte destinate al pubblico, una fortuna. Dato questo che deve fare riflettere. La ricchezza, infatti, all’atto della nascita, rappresentava l’unica vera certezza nella vita di un Durazzo e dello stesso Giacomo. Così, infatti, sintetizza il suo percorso ancora Koschatzky: “La carriera di questo uomo è stata sorprendente. A quanto ha rinunciato per seguire la sua passione per il teatro e quanti intrighi, sospetti e diffamazioni ha sopportato nella città del Kaiser per poter vivere la sua convinzione…”. Alla fine, dopo essersi a lungo opposto alla “riforma” del Conte che veniva da Genova, sarà proprio Metastasio a lasciarci una descrizione profonda e raffinata sulla sua figura, contenuta in una lettera scritta al veneziano Bartolomeo Benincasa, al quale scrive “Voi siete tra le benefiche mani di un personaggio (Giacomo Durazzo) distintissimo e per le luminose qualità che ha portate seco nascendo, e per i sommi gradi ch’egli onora, e vie più per le pellegrine cognizioni delle quali ha saputo fornirsi, e dalle più dotte carte a dal più istruttivo d’ogn’altro, vastissimo libro del mondo. Io so per esperienza quanto egli è perspicace conoscitore degli uomini, e qual compiacenza ei provi (nonché naturale propensione) ad essere loro giovevole…Vi prego di rendergli presente il mio invariabile rispetto, e di andarmi conservando in lui una reminiscenza che tanto mi diletta e mi onora”. Alla fine i due compatrioti che avevano raggiunto i vertici culturali dell’Impero e della corte di Maria Teresa d’Austria, riconoscono reciprocamente il proprio valore, come qualche colta accade anche tra vecchi nemici. E tra un passaggio della sua vita e l’altro, Giacomo Durazzo, forse per cercare di compensare il suo destino di uomo “senza patria”, scrive. Proprio come nello stesso momento, in un altro luogo, il Castello di Dux, sta facendo il compagno di strada Giacomo Casanova, dando vita alla “Histoire de ma vie”. Ambedue anziani e nella sostanza soli. Autori e attori di vite vissute “di getto”, che chiedono ai posteri di essere elaborate ed interpretate. Il libro che ho scritto tiene conto dei pareri e degli scritti dei più accreditati studiosi del Durazzo e del progetto di riforma che egli portò avanti (Ivaldi, Puncuh, Podestà, Raggi, Koschatzky, Haas, Gallarati, Colturato, Brown, Heartz, Sasportes, Croll, Maffioli, Leoncini, Petrucciani, Aghemo, Sebastiani, Porticelli, Montaldo Spigno, Laguzzi, ed altri), oltreché di una vasta bibliografia raccolta in anni di ricerche, ma che risente, ovviamente, anche della visione generale che mi è stata inevitabilmente trasmessa da colui al quale, non a caso, ho dedicato questo volume. Una difficoltà oggettiva, e soprattutto un rallentamento al lavoro svolto (che certo non è completo e necessita di ancora molte ricerche) è consistita nel fatto che molto sul progetto di Riforma del conte, maturato a Vienna, è scritto in lingua tedesca (vedi Koschatzky e Haas). Mentre molta documentazione sulla sua opera si trova tra Vienna e Venezia. Infine le lettere del conte con i suoi principali corrispondenti (vedi Favart) sono spesso in francese, lingua che per fortuna conosco, e molti studi (vedi Brown e Heartz) in inglese. La gran parte di questi importanti lavori sul Durazzo sono quindi stati scritti in lingue straniere, a riprova della sua dimensione internazionale, e non tradotti in italiano al momento in cui questa opera va in stampa. Il multilinguismo relativo alle ricerche su questo personaggio, ed il fatto che i luoghi dove si volge la sua attività di ambasciatore, impresario e collezionista siano tre: Genova, Vienna e Venezia, ha impresso un rallentamento sulla divulgazione degli studi su di lui che tuttavia oggi, nell’epoca di quella circolazione globale delle idee e della comunicazione che tanto sarebbe piaciuta al conte, si stanno diffondendo negli ambienti musicali. Alla fine di questo lavoro non mi resta che sperare che possa valere per me la stessa considerazione riportata da geniale “compagno di avventure” del Durazzo, Giacomo Casanova, nell’introduzione delle sue Memorie: “Se tu non hai fatto cose degne di essere scritte, scrivi almeno cose degne di essere lette”. Angela Valenti Durazzo

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