di Angela Valenti Durazzo – Arrivando nel Principato di Monaco si viene accolti dai cartelli “Principauté de Monaco” e “Principatu de Mùnegu” e “Munte-Carlu” che fanno immediatamente intuire il rispetto verso la tradizione e la lingua dialettale monegasca di questa piccola terra vorticosamente proiettata verso il futuro, ma anche, il legame culturale con la vicina Liguria.
Le targhe delle stradine della Rocca, dove sorge il Palazzo del Principe, riportano una scritta assai familiare per i liguri e i genovesi, “carrugëtu” o “carrugiu”, oltre a quella in francese “ruelle”.
Se si partecipa invece ad una cerimonia pubblica in onore della Famiglia Grimaldi, come la Festa Nazionale di Monaco, si vedono sollevare in aria palloni e bandierine con scritte in francese ed in dialetto monegasco (foto sotto) che rivelano un sentimento antico:”Per sempre u pòpulu munegascu stacau a u Principu Suvràn e â So’ Famiya!” (Per sempre l’attaccamento del popolo monegasco al Principe Sovrano e alla Sua Famiglia!) o come “Viva u Principu! Viva a Principessa! Viva Mùnegu!”.
Ma poiché vale sempre il detto:“Và ciû pràtica che gramàtica”, ovvero “vale più la pratica che la grammatica” da una parte e dall’altra del confine c’è chi si impegna per mantenere vivo il dialetto e la storicità che porta con sé.
LOUIS FROLLA E LOUIS NOTARI “PADRI” DELLA LINGUA DIALETTALE MONEGASCA
“All’inizio la lingua parlata nel Principato, per ovvie ragioni storiche, era il genovese – spiega Claude Passet storico e membro della commissione per la lingua monegasca dell’Académie des Langues Dialectales (http://www.ald-monaco.org/) – poi col passare dei secoli gli abitanti di Monaco lo hanno integrato con elementi di ventimigliese, provenzale, nizzardo, come accade per tutte le lingue, essendo vive e come tali in evoluzione”.
ft ©arvalens
Nel Principato dei grattacieli e della modernità è sentito il ricordo di scrittori come Louis Frolla, autore nel 1960 della grammatica monegasca e nel 1963 di un dizionario francese-monegasco, e Louis Notari (1879-1961), politico e poeta che scrisse in lingua dialettale l’inno monegasco (a lui è intitolata la biblioteca del Principato).
“A Monaco convivono due anime – aggiunge Passet – la prima è cosmopolita, e deriva dalla presenza nel Principato di 150 differenti nazionalità che hanno un’origine, una cultura ed una lingua diversa. La seconda è invece un’anima tradizionale, che tiene conto delle vicende storiche. Certo oramai sono in diminuzione coloro che parlano correttamente il monegasco. Ed anche i monegaschi che parlano la cosiddetta lingua “del mercato”, della strada, sono sempre meno. L’interesse però sopravvive e spesso sono proprio gli stranieri che seguono a scuola i corsi facoltativi di lingua dialettale monegasca ad essere particolarmente bravi e appassionati nell’apprendimento”.
Lo dimostrano anche le attestazioni ricevute nella vicina Liguria dal Principe Alberto come la cittadinanza onoraria di Ventimiglia, nel 2008, e quella di Portofino nell’aprile 2016. Per non parlare della laurea honoris causa in Scienze del mare conferita al sovrano di Monaco nell’ottobre del 2014 dall’università di Genova (https://unige.it/newsletter_uff/articoli/n34_art2.shtml), come riconoscimento del suo impegno nella salvaguardia dell’ambiente marino.
Molto attive nel Paese sono anche alcune associazioni, fra cui il “Comité National des Traditions Monégasques”, fondato nel 1924 dai rappresentanti di vecchie famiglie del Principato, organismo che si impegna a sua volta nell’utilizzo della lingua dialettale monegasca.
IL PICCOLO PRINCIPE IN DIALETTO GENOVESE
Spostandoci sul versante ligure, a fare il punto sullo stato di salute della lingua dialettale genovese è Franco Bampi, professore universitario e presidente de “A Compagna”, artefice di moltissime iniziative legate alla conservazione dell’antico idioma ed autore di testi come “Il dizionario italiano-genovese”; “Le mie prime cento parole in genovese”, e molti altri.
“Gli studiosi dicono che una lingua è in pericolo quando il 30 per cento dei bambini non la impara – spiega Bampi – infatti mentre i coetanei di mio padre parlavano tutti in genovese, più si scende d’età e peggio è. È vero dunque che il genovese e le lingue liguri sono a rischio, ma la cosa positiva è che la gente se ne rende conto e vuole fare qualcosa”.
E se a Genova Bampi è autore, insieme a Igina Righi D’Alessio della traduzione in genovese del Piccolo Principe, il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, i sudditi dei Grimaldi possono vantare, fra i classici tradotti nella lingua dialettale monegasca, le avventure di Tintin.
Il celebre reporter belga ed il suo cagnolino Milou parlano infatti dialetto monegasco nei libri “U Tesoru de Rakamu u Russu” (Il Tesoro di Rackham il Rosso); “I Ori d’a Castafiore” (I gioielli della Castafiore); “U Secretu d’a Licorna” (Il segreto del Licorno);
tratto da Genova Quotidiana – 13 luglio 2016
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