di Angela Valenti Durazzo – Principato di Monaco in festa per i 60 anni, oggi 14 marzo 2018, di S.A.S. il Principe Alberto II. Un compleanno che la presenza della famiglia, della Principessa Charlene e dei figli, i Principi Jacques e Gabriella, i messaggi di augurio di monegaschi e residenti, ed i momenti di celebrazione (stasera è previsto per le persone di nazionalità monegasca uno spettacolo multisensoriale per i 60 anni del Sovrano nella Cattedrale di Monaco sul tema della salvaguardia della creazione, si veda foto sotto) contribuiscono a rendere ancor più lieto.
Nato il 14 marzo 1958 nel Palazzo dei Principi di Monaco dal Principe Ranieri II e dalla Principessa Grace, Albert Alexandre Louis Pierre, è salito al trono il 6 aprile 2005.
Abbiamo scelto di riportare nel giorno in cui il Alberto di Monaco compie 60 anni – a titolo emblematico dell’impegno ambientale del Sovrano, della promozione dello sviluppo sostenibile e della cooperazione con l’Italia e fra stati – la Lectio Magistralis di S.A.S. il Principe Alberto II di Monaco all’università di Palermo, nel corso della recente Laurea Honoris Causa in Ecologia marina, conferitagli il 9 ottobre 2017.
si veda anche:
http://www.unipa.it/Laurea-Honoris-Causa-in-Ecologia-Marina-ad-Alberto-II-di-Monaco-e-Fotogallery/
Lectio Magistralis di S.A.S. il Principe Alberto II Ricevimento della Laurea Honoris Causa
Scuola Politecnica Palermo, 9 ottobre 2017
“Magnifico Rettore, Gentile Signora Presidente,
Egregio Signor Direttore, Signore e Signori,
Cari amici,
Per prima cosa desidero porgere un sincero ringraziamento per le parole espresse nei miei confronti e che mi hanno profondamente toccato.
Mi hanno toccato il cuore, perché lasciano albergare in me la speranza che l’azione che porto avanti da anni sia utile, che si tratti, come è stato detto, della politica perseguita dallo stato monegasco, delle iniziative della mia Fondazione o degli impegni assunti a titolo personale.
Ma le vostre parole mi toccano nel profondo soprattutto perché pronunciate da uomini e donne di scienza quali voi siete.
É una necessità per me inderogabile agire in accordo con la comunità scientifica, difenderla, sostenerla – sostenervi – per quanto possibile.
E soprattutto ascoltarvi … Perché la peculiarità della scienza spesso consiste proprio nel dirci cose che non vogliamo sentire, rivelarci cose che non possiamo vedere e sollevare problemi che non siamo in grado di risolvere.
Per questo è così facile assecondare gli istinti degli esseri umani e le loro paure, facendo leva su evidenze presunte, sull’ironia del dubbio, per mettere da parte tali osservazioni e interrogativi.
Ma proprio per questo è tanto importante ascoltarvi, ora che i nostri mari, come il nostro ambiente nel suo complesso, si trovano a fronteggiare sfide di complessità e portata finora sconosciute. Sfide spesso invisibili a occhio nudo e sfide spesso contrarie alle nostre abitudini e ai nostri schemi classici.
Senza la scienza, come potremmo accettare che l’oceano, questa realtà che copre oltre il 70% della superficie della Terra con un volume totale di 1,37 miliardi di chilometri cubi, sia minacciato dall’uomo?
Senza la scienza come potremmo ammettere che un surriscaldamento di pochi gradi, se non addirittura di pochi decimi di grado, impercettibile per chiunque, sconvolga gli equilibri di questo pianeta provocando l’acidificazione delle acque, fenomeno ancor più impercettibile, ma che, tuttavia, rappresenta una minaccia per numerosi ecosistemi e ha già alterato tante specie marine?
Senza la scienza come potremmo capire che minuscole particelle di plastica, invisibili a occhio nudo, ovviamente, oggigiorno costituiscano un grave pericolo per l’intera catena alimentare, per la sopravvivenza di molte specie e, forse, in definitiva per l’uomo?
E senza la scienza come potremmo immaginare che oltre il 70% della biodiversità marina ci è ancora sconosciuta, allorquando tante specie già scoperte oggi sono a rischio di estinzione?
É alla scienza che dobbiamo tutte queste conoscenze che oggi ci spingono ad agire.
Per questa ragione la scienza svolge un ruolo fondamentale nella mia lotta e in quella di tutti coloro che difendono il mare e l’ambiente.
Per questo ho fatto del sostegno alla scienza e della cooperazione con gli scienziati uno dei pilastri portanti su cui poggiano le mie azioni.
Questa scelta s’inserisce in una grande tradizione del mio paese che si deve al mio trisavolo, il Principe Alberto I e da allora costantemente perpetrata, e che fa di Monaco una terra di accoglienza per la comunità scientifica.
Il museo oceanografico, il Centro scientifico di Monaco o il laboratorio di biologia marina dell’AIEA oggi tengono viva questa tradizione, come anche i tanti eventi scientifici che ogni anno ospitiamo e sosteniamo, e ancor più i partenariati che la mia fondazione ha siglato con tanti laboratori e istituti di ricerca di prim’ordine del modo intero.
E il GIEC, istituzione essenziale quanto esemplare, offre un’immagine particolarmente illuminante di quanto sia indispensabile il contributo della conoscenza scientifica ai fini della la salvaguardia ambientale.
Perciò ne sostengo l’attività e per questo il Principato di Monaco e la mia Fondazione hanno difeso il progetto di un rapporto intermedio del GIEC sugli oceani e sulla criosfera, lanciato nel Principato meno di un anno fa, e che a breve ci fornirà non solo una visione globale degli effetti del surriscaldamento climatico sugli oceani, ma
anche delle soluzioni che gli oceani offrono per attenuarlo.
Perché la scienza, una volta individuati i problemi, spesso prospetta anche le soluzioni. E se da un lato ci mette di fronte alla gravità della situazione, dall’altro ci insegna anche l’ottimismo e ci indica i passi da compiere.
Andiamo avanti, convinti che esistano soluzioni possibili, coscienti della necessità di sperimentarle e metterle in atto senza indugiare oltre, perché siamo in uno di quei rari momenti della storia in cui possiamo ancora intervenire.
A questo proposito, e siccome siamo ad alcune centinaia di metri dal Mediterraneo, vorrei soffermarmi a parlare di questo mare che ci accomuna e lambisce anche l’orizzonte di Monaco, questo mare a me caro che tanta parte ha avuto nel mio impegno, questo mare al quale la mia Fondazione consacra grandi sforzi.
Il Mediterraneo, come sapete, è emblematico, per la sua storia recente, ovviamente, e quella passata che lungo le sue rive ha visto nascere le più grandi civiltà. Per le sue problematiche attuali, fatte di inquietudini e di disuguaglianze. E per le sue prospettive future, nel quale si mescolano inesorabilmente sfide antropiche e ambientali, scientifiche e politiche.
Il Mediterraneo significa il 28% delle specie endemiche della Terra, l’8 % delle specie marine del pianeta e il 18% della flora marina, distribuite in meno dell’1% della sua superficie e in appena tre millesimi del volume delle sue acque oceaniche …
Il Mediterraneo significa, ahimé, anche 60.000 tonnellate di detergenti, 100 tonnellate di mercurio e 12.000 tonnellate di fenoli che ogni anno vengono sversate in un mare quasi chiuso … senza contare che qui transita la metà del
traffico petroliero mondiale, con la pulizia delle cisterne e le tante forme di inquinamento provocate da un intenso traffico marittimo!
E il Mediterraneo e il suo spazio significano soprattutto quasi cinquecento milioni di abitanti, centocinquanta dei quali vivono lungo le sue sponde, ai quali bisogna sommare circa trecento milioni di turisti ogni anno…
A ciò si aggiungono, nel Mediterraneo come altrove, gli effetti del surriscaldamento climatico e l’acidificazione delle acque a cui accennavo prima.
La nostra regione fragile, densa e già provata da millenni di occupazione antropica, subisce, senza dubbio più di ogni altra regione, i danni che colpiscono l’intero pianeta.
Più di ogni altra, questa regione con la sua sensibilità, la sua importanza e l’attaccamento che proviamo verso di lei, ci chiede di agire. Per questo la mia Fondazione le dedica una parte rilevante delle sue iniziative che sono condotte in collaborazione con attori locali e istituzioni scientifiche e elaborano delle risposte ai mali del nostro mare.
Le risposte sono le aree marine protette, per le quali mi batto da anni e che si dimostrano sempre più efficaci.
Oggigiorno, le aree marine protette offrono la soluzione migliore per conciliare gli obiettivi di tutela dei mari e di sviluppo delle popolazioni costiere.
Il santuario Pelagos creato da Italia, Francia e Principato di Monaco rappresenta un’area d’eccezione per la protezione dei mammiferi marini. In molte regioni del Mediterraneo, come in quasi tutti i mari del globo, altre aree marine protette riscuotono grande successo sotto il profilo ecologico, economico, scientifico e pedagogico.
Il Cile, dove mi trovavo pochi giorni fa, ha appena annunciato la creazione di un’area marina protetta di 720.000 km2…
Eppure, nonostante questi passi avanti molto significativi, le aree marine protette attualmente coprono meno del 5% delle superfici marine, quando l’obiettivo fissato ad Aichi nel 2010, nel quadro della Convenzione sulla Diversità Biologica, era il 10%… E molti scienziati ritengono che, per fronteggiare i tanti pericoli che minacciano i nostri mari e garantire un più vasto equilibrio alla terra, la proporzione delle superfici marine protette dovrebbe attestarsi al 30%.
Quindi, dobbiamo fare di più: non dobbiamo limitarci al ricorso a queste aree particolari di tutela, dobbiamo spingerci oltre e sviluppare tutto un modello economico.
Un modello capace di garantire la salvaguardia a lungo termine dei nostri mari e, di conseguenza, del nostro pianeta.
Certo, il primo passo obbligato è la lotta ai cambiamenti climatici, che comporta la dismissione delle energie fossili.
Anche sotto questo profilo gli oceani sono al centro delle strategie che dobbiamo sviluppare. Penso in particolare alle energie marine rinnovabili che ci consentiranno di ricavare dal mare nuove risorse favorendo lo sviluppo delle popolazioni, senza danneggiare il nostro pianeta.
Che si tratti di energia eolica, mareomotrice, del moto ondoso, da biomassa o termica, come le pompe di calore marine che abbiamo installato a Monaco, l’efficacia su vasta scala di queste fonti energetiche è già stata dimostrata.
Il modello deve contemplare anche la lotta agli agenti inquinanti che devastano i mari, e il Mediterraneo in particolare. É necessario approntare dei sistemi di trattamento delle acque, che nelle nostre regioni costiere troppo spesso sono ancora insufficienti. Ma bisogna soprattutto combattere il flagello mondiale dell’inquinamento da rifiuti plastici.
Nel Mediterraneo abbiamo lanciato Beyond plastic med (BEMED), un bando per la presentazione di progetti finalizzati alla realizzazione di iniziative innovative anti-inquinamento. In molte regioni le popolazioni sono coinvolte nello sviluppo di tali iniziative che è fondamentale sostenere e incoraggiare.
Il nuovo modello che dobbiamo inventare impone, infine, uno sfruttamento delle risorse marine più responsabile e sostenibile.
Nel Mediterraneo, come altrove, la pesca eccessiva provoca danni ingenti, e alcune tecniche di pesca a strascico distruggono letteralmente i fondali, spazzando via interi ecosistemi.
Dobbiamo sviluppare approcci diversi, in linea con le sfide da affrontare sul lungo termine e con i bisogni degli operatori economici. Sarebbe assurdo pensare che essi abbiano interesse ad annientare le risorse da cui dipendono.
Lo hanno capito i pescatori di tonno rosso in seguito alla battaglia che abbiamo combattuto alcuni anni fa per salvare questa specie emblematica del Mediterraneo.
Oggigiorno, gli stock di tonno rosso si stanno ricostituendo, a tutto vantaggio dell’intera filiera ittica.
Per questo è così importante agire collegialmente, in particolare negli ambienti in cui la dimensione collettiva gode di maggior rilevanza e considerazione, vale a dire in seno agli organismi multilaterali.
Di fronte alle sfide mondiali dobbiamo agire in un’ottica e in un contesto multilaterali.
Ma è tramite l’ONU, in primis, ma anche con l’Unione Europea e gli organismi regionali che potremo salvare il pianeta e i suoi oceani.
Per questo mi sono impegnato in tutti i negoziati internazionali dedicati a questa materia. Devo dare atto che qualche passo avanti è stato fatto, sebbene i progressi siano sempre troppo lenti.
Recentemente nel 2015, è stato definito un obiettivo di sviluppo sostenibile specifico per gli oceani per il quale mi sono mobilitato.
Nel 2016 vi è stato il lancio del rapporto intermedio del GIEC a cui accennavo poc’anzi.
La primavera scorsa, all’ONU si è tenuta una conferenza dedicata all’ Obiettivo 14 sugli oceani.
Dal 2015, sono stati condotti i lavori del comitato preparatorio in vista del negoziato sulla biodiversità in alto mare – lavori, che spero, preludano alla stesura di un nuovo trattato che funga da quadro di riferimento per la gestione collettiva degli oceani di fronte alle sfide del XXI secolo.
Ho preso parte a queste iniziative, ho dato il mio contributo a questi lavori che testimoniano la nascita di una consapevolezza nuova in molti Stati, spesso spinti dall’opinione pubblica. Questi lavori ci permettono di sperare nell’adozione su scala planetaria di questo nuovo modello necessario.
Certo, realizzarlo non sarà facile, richiederà sforzi e persino sacrifici, ma consentirà anche di compiere dei progressi per tutti noi, per i più fragili soprattutto, ma anche per le generazioni future.
In quest’ottica, tale impegno, Signore e Signori, traccia un percorso diretto che dal progresso scientifico porta alla costruzione di un avvenire comune.
Un percorso che passa attraverso la sperimentazione e l’attuazione di soluzioni locali. Un percorso che passa attraverso l’innovazione e la ricerca di nuovi strumenti. Un percorso che passa attraverso la necessità di convincere e di coinvolgere i nostri contemporanei, l’opinione pubblica, i dirigenti, le aziende, le associazioni, quanti operano sul campo e ovviamente le università…
A tutti dobbiamo mostrare non solo i pericoli incombenti, ma anche le straordinarie opportunità che si prospettano se agiremo con tempestività.
In tutti dobbiamo suscitare la voglia di salvare i nostri oceani per salvare questo pianeta, per quanto difficile possa essere.
Come ha scritto Umberto Eco molto giustamente : «La gente è stanca della banalità, ha voglia di cose difficili, cerca le sfide». Gli oceani, oggi, sono la nostra sfida.
Signore e Signori, cari amici,
Questa Laurea Honoris Causa che oggi mi fate l’onore di consegnarmi è per me un ulteriore incentivo a proseguire in questa direzione.
Illuminando il mio lavoro con un po’ della luce vivida che emana dalla vostra prestigiosa istituzione, questa onorificenza contribuirà a rafforzarne l’efficacia, la visibilità e l’influenza.
E soprattutto dimostra che siamo uniti dalla stessa speranza. Per questo desideravo esprimervi i miei più sinceri ringraziamenti.
Magnifico Rettore, cari amici di Palermo,
permettetemi di sottolineare la commozione che provo nell’essere tra di voi oggi per condividere una comune preoccupazione: quella della difesa dell’ambiente.
Per i nostri figli, per il futuro che essi rappresentano, noi abbiamo l’obbligo di dedicare la massima attenzione alla buona salute degli oceani.
Vi ringrazio di avermi dato l’occasione di ribadire questa idea che mi sta tanto a cuore”.
Sull’impegno ambientale si veda anche:
http://monacoitaliamagazine.net/italia-monaco-e-francia-per-la-salvaguardia-delloceano
Seguiteci anche su facebook
Per Altri Articoli di Monaco Italia Magazine Clicca qui