La corsa alla transizione digitale ha preso avvio, nelle imprese, nella cultura, nell’istruzione, nelle amministrazioni, nella socializzazione, sulla spinta anche della crisi globale del covid-19 e del distanziamento sociale che questa ha determinato. E anche se c’è chi fa presente il rischio di farsi sopraffare dalla tecnologia, l’evoluzione in questo campo è tangibile.
L’impulso verso il mondo digitale e la ricerca da parte delle aziende di profili professionali tecnici in questo settore tocca, in termini di competenze e di prospettive, in modo particolare le giovani generazioni. Abbiamo intervistato, su questo argomento attualissimo Andrea Ferrari, genovese, dottore in economia aziendale e studente magistrale di economia e management internazionale all’Università di Perugia.
Andrea Ferrari qual è la situazione attuale vista dal punto di osservazione di coloro che si stanno formando all’università o immettendo nel circuito lavorativo?
L’università offre ovviamente le basi teoriche dalle quali non si può prescindere. Rispetto al passato però ci sono più laureati e quindi più competizione e più concorrenza. Penso quindi sia importante seguire, in un mondo che va velocissimo, corsi mirati ed approfondire figure ed ambiti professionali fra cui il digital marketing.
Puoi spiegare ai lettori in cosa consiste esattamente il digital marketing?
È la disciplina che permette a singoli ed aziende di raggiungere gli obiettivi di marketing attraverso l’utilizzo di tecnologie e media digitali; comprende l’uso congiunto di tutti gli strumenti online, tra cui i social media.
Il boom dell’online di questi ultimi tempi lascia ancora spazio all’innovazione?
Sembra che sia stato creato già tutto, invece in questi settori penso ci sia ancora spazio per l’innovazione. Facebook, per esempio, un tempo era considerato un social per chiacchierare, oggi invece su facebook, si trovano avvisi universitari, pagine ufficiali, incontri live di organismi, associazioni, aziende ed istituzioni.
L’era della trasformazione digitale, dunque, strumento di nuovo business. Quali sono le figure professionali che hanno preso piede?
Fra queste possiamo citare il social media manager, ovvero colui che aiuta a sviluppare a fini commerciali l’immagine di una persona, di un’azienda, di un brand, attraverso i diversi canali social, in considerazione anche di una sempre maggiore digitalizzazione degli acquisti. Molti influencer e molte realtà a certi livelli, già si affidano al lavoro del social media manager.
Quanto un social media manager deve interpretare anche la psicologia del “cliente”?
Non tutto si studia in questo campo, occorre anche un approccio creativo e saper interpretare e comprendere cosa vuole la persona o l’azienda. I siti ed i social infatti trasmettono all’esterno la voglia di fare di un singolo, il profilo, le potenzialità di un’azienda. Un bravo social media manager penso debba capire chi ha davanti e veicolare nel modo giusto le cose che il cliente vuole trasmettere.
I costi ridotti del web facilitano le giovani generazioni?
Certo i giovani hanno innegabilmente più possibilità grazie ai costi ridotti del web. Anche se quella del minor costo penso sia un’arma a doppio taglio perché favorisce, per esempio, anche i siti truffa, o le fake news. Occorre, quindi un maggior inquadramento del mondo virtuale, per ridurre appunto questi rischi. Inoltre c’è chi vende prodotti e servizi senza averne la qualifica grazie all’influenza sui social e questo accade anche, per fare un esempio, in un settore che seguo in modo particolare, quello del coaching online. Anche in questo campo, come in altri, non basta postare la foto di un ragazzo con i muscoli ma occorre competenza.
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