Intervista a Pupi Avati nel Principato di Monaco per il Film “Dante”

Intervista a Pupi Avati nel Principato di Monaco per il Film “Dante”

di Angela Valenti Durazzo Abbiamo rivolto prima della proiezione del film “Dante” di Pupi Avati, organizzata dall’Associazione Dante Alighieri di Monaco il 3 febbraio al Théâtre des Variétés, due domande al regista Pupi Avati,  grande maestro del cinema italiano, accompagnato nel Principato dal costumista del film Andrea Sorrentino e dal critico Lino Damiani,  sulla pellicola cinematografica che ci offre la dimensione umana del poeta fiorentino considerato il padre della lingua italiana. Un evento che ha riscosso l’entusiasmo e la partecipazione di numerose autorità, fra cui l’Ambasciatore d’Italia Giulio Alaimo e del pubblico sia italiano che monegasco e francese.

Pupi Avati A Monte Carlo

Pupi Avati a Monte Carlo durante la nostra intervista; Ft©arvalens

Pupi Avati, l’approccio da lei scelto per raccontare Dante in questo film, frutto di un’ambizione che ha coltivato per 20 anni iniziata con il libro l’Alta Fantasia, come è stato accolto?

Mi ha stupito che molti Dantisti (gli studiosi di Dante) anche quelli non inclusi nel mio comitato, che sono decine e decine, abbiano apprezzato quello a cui allude lei, l’approccio, il tipo di Dante che io propongo. Alla base c’è questa intuizione che Dante sia rimasto molto ragazzo, che abbia mantenuto dentro la parte più giovanile di sé che è quella della Vita Nova, quella che si disvela, rivela, che ci confida in quell’opera. Lui ha un livello di sincerità che non avrà mai più. Il massimo della sincerità è là, nascosto in quel prosimetro (prosa e versi). E quindi questa è la cosa che ha distinto il mio romanzo L’Alta Fantasia, e il mio film “Dante” e ha fatto che i presidi delle scuole italiane abbiano portato i ragazzi a vederlo a migliaia.

Pensa di avere contribuito a rendere Dante più vicino ai giovani e a tutti noi?

Ho cercato di sottrarlo, di farlo scendere da un piedistallo troppo alto, ma tutt’oggi la scuola italiana continua a convincersi che la sua dicitura poetica, la sua onniscienza, siano qualche cosa che prescinde da qualunque tipo di identificazione. Invece io ho fatto un Dante in cui i ragazzi si identificano. Lui si innamora di Beatrice per 9 anni, avendo da lei soltanto “un vi saluto”, come io nell’adolescenza sono stato dietro ad una certa Paola Zuccotti per due anni senza neppure un “vi saluto”. E raccontando questo episodio di recente ad un evento pubblico ho saputo dal nipote “che la zia diceva sempre che da ragazzina c’era Pupi Avati che le andava dietro”. Ed era vero.

Nell’immagine in apertura Pupi Avati al termine della proiezione del film “Dante”; Ft©Andrea Cabiale

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