I Frutti della Collina di Albaro : l’Attuale Genova Raccontata nei Versi del Settecento

I Frutti della Collina di Albaro : Genova Raccontata nei Versi del Settecento

di Angela Valenti Durazzo – Anche la poesia ci racconta spesso e tramanda le bellezze paesaggistiche e storiche. Come nel caso della composizione che riportiamo sotto dal titolo “I frutti della Collina di Albaro” dell’Abate Bartolomeo Boasi, inserita nel volumetto “Versi scelti de’ poeti liguri viventi nell’anno 1789 raccolti da Ambrogio Balbi” (per Giovanni Franchelli Stamp. Camerale con permissione, Genova 1789).

Protagonista di questa canzonetta, che ci permette di tracciare un parallelo fra il passato e la realtà odierna, è Albaro, quartiere fra i più eleganti della città di Genova, che sorge sulla omonima collina.

Albaro nei secoli scorsi era zona rurale, con orti e produzione di frutta, mele, pere, pesche eccetera e verdura (“…quivi son disposte a schiera Dolci pera, Pesche, e mandorle perfette…”).

Godeva e gode ancora oggi, inoltre, di una posizione amena, dalla quale si può  apprezzare in più punti, la vista sul mare.

Vien d’Albaro sul bel colle, Che s’estolle D’odorosi frutti altero…”, riporta nei suoi versi il poeta del diciottesimo secolo. E si sofferma nella descrizione dei frutti che “sol di loro la Natura/Prende Cura /Sulle apriche (soleggiate, aperte n.d.r.) collinette”.

Albaro, luogo di villeggiatura delle famiglie patrizie

Già dal Cinquecento alcune famiglie nobili genovesi scelsero per la villeggiatura la collina (fino al 1874 era infatti un comune autonomo, oggi fa parte di Genova). Lo testimoniano le residenze patrizie con i loro giardini storici e i sontuosi parchi, tra cui Villa Saluzzo Bombrini, conosciuta come “il Paradiso”; Villa Saluzzo Mongiardino (dove visse alcuni mesi George Byron); Villa Giustiniani Cambiaso, con il suo parco, oggi sede dell’Università di Genova; Villa Sauli Bombrini Doria, sede del Conservatorio Niccolò Paganini con il suo parco e i suoi alberi storici; Villa Brignole Sale in via S.Nazaro, con l’ampio e degradante giardino; la novecentesca Villa Canali Gaslini realizzata da Gino Coppedè, e molte altre.

Ecco, come il genovese Abate Bartolomeo Boasi ci descrive questo “dilettevole” luogo “Dove tien Pomona (la Dea romana dei frutti) impero” e dove “non può scoprir gli egregi loro pregi chi non gusta bei doni”.

I FRUTTI DELLA COLLINA DI ALBARO

CANZONETTA

Che vuoi far, Aonio coro,

D’un alloro,

Che alimento al cor non dona?

Che vuoi far dell’ampie vene

D’Ippocrene,

Bionda Euterpe, in Elicona?

Deh quà meco volgi il piede,

Dove ha sede,

Dove tien Pomona impero;

Vien d’Albaro sul bel colle,

Che s’estolle

D’odorosi frutti altero.

Quivi son in or tornite,

E vestite

Di bell’ostro poma elette;

Quivi son disposte a schiera,

Dolci pera,

Pesche, e mandorle perfette.

Mira il nespilo rosato,

Coronato,

Acerbetto, e irsuto ancora:

Di gustarne or non ti caglia,

Se tra paglia

Pria non fa lunga dimora.

Ma non vuo’ su i tronchi antichi

Più que’ fichi

Degli augei lasciare in preda;

No, non v’ha da Battro a Tile

Più gentile

Frutto, o Elpin, se a te si creda.

Hanno il collo torto alquanto,

Hanno il manto

In più lati già sdrucito,

Onde un glutin lento scende,

Che ne pende

Più del nettar saporito.

Di Liguria ogn’alma Dea

Il cor bea

Di tal manna preziosa,

E di Giove il succo eterno

Prende a scherno,

Che non è dolce cosa.

Che dirò dei pellegrini

Bei susini?

Che dirò del pomo d’oro?

A ragion fu in Ida accesa

La contesa

Per sì amabile tesoro.

Ma che giova, ch’io di tutti

Gli aurei frutti,

Vaga Euterpe, qui ragioni?

Ben non può scoprir gli egregi

Loro pregi

Chi non gusta sì bei doni.

Deh quà vieni; al basso piano

Speri invano

Di trovar frutta sì elette;

Sol di loro la Natura

Prende cura

Sulle apriche collinette.

Foto in apertura Jen Theodore

 

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