Premio Campiello a Monte Carlo. Il racconto della vincitrice intervistata da Bruno Vespa ed il discorso dell’Ambasciatore d’Italia.

A Monte Carlo il Premio Campiello 2017 con Bruno Vespa e Philippe Daverio

di Angela Valenti Durazzo – Un Bruno Vespa perfettamente a proprio agio, come nel suo“salotto” televisivo di Porta a Porta dove con gli ospiti snocciola da oltre vent’anni attualità, cultura e politica. Un Philippe Daverio che ha illustrato ai presenti con la verve e la preparazione di sempre le fasi e l’impegno della giuria. Un pubblico italiano delle grandi occasioni che si è recato numeroso ieri, venerdì 22 settembre 2017, alla Salle d’Or del Fairmont di Monte Carlo in occasione dell’evento organizzato dall’Ambasciata italiana “Monaco incontra il vincitore del 55esimo Premio Campiello”.

E la soddisfazione è emersa anche dalle parole dell’Ambasciatore d’Italia Cristiano Gallo che nel suo discorso di apertura ha tenuto innanzitutto a sottolineare come il Premio Campiello sia giunto per la prima volta a Monte Carlo.

L’INTERVENTO DELL’AMBASCIATORE D’ITALIA A MONACO

Ringraziamo tutti coloro che sono intervenuti – ha esordito Cristiano Gallo – soprattutto perché è stata accolta la nostra proposta di portare qui a Monaco, in questa vetrina così importante, un premio così importante. Ci tenevamo molto e naturalmente il nostro obiettivo è quello di diffondere la cultura e la lingua italiana. Sta per aprirsi infatti, fra pochi giorni, la 17esima edizione della Settimana della lingua e della cultura italiana, che a Monaco festeggeremo con varie iniziative di cui presto verrete messi a parte. Per cui l’obiettivo dell’Ambasciata stasera è veramente quello di promuovere un’eccellenza italiana nel campo culturale” (sul Campiello a Monte Carlo, strumento di interscambio socio-culturale al di là di ogni frontiera si veda l’articolo di Monaco Italia Magazine http://monacoitaliamagazine.net/monte-carlo-vincitore-campiello-insieme-bruno-vespa-philippe-daverio ).

IL PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE CAMPIELLO

La parola è passata poi, con un video collegamento, al presidente della Confindustria veneta e della Fondazione Campiello Matteo Zoppas che ha tenuto a sottolineare come sia “molto importante questa tappa del premio essendo l’unica all’estero e testimoniando sicuramente l’importanza che ha il Premio Campiello anche al di fuori dei confini nazionali (per saperne di più sull’edizione 2017 del Premio Campiello: http://www.premiocampiello.org/ ) .

La Parola a Bruno Vespa che con l’acutezza e l’ironia che gli italiani ben conoscono ha intervistato la vincitrice, Donatella Di Pietrantonio, dentista abruzzese, e quindi sua conterranea, ed autrice de «L’Arminuta» (Einaudi) ed il secondo classificato Stefano Massini, drammaturgo e regista, con “Qualcosa sui Lehman” (Mondadori).

LA PRIMA CLASSIFICATA: DONATELLA DI PIETRANTONIO

L’Arminuta, libro primo classificato al Premio Campiello 2017, ha come protagonista una ragazzina, la quale deve lasciare quelli che credeva essere i propri genitori per tornare alla famiglia d’origine “le fonti di ispirazione sono state due – ha spiegato Donatella Di Pietrantonio rispondendo alle domande di Vespa – uno è il mio consueto legame col tema della maternità, della relazione madre figlio e madre figlia in particolare; l’altra invece è un’ispirazione più realistica legata all’Abruzzo ed alla storia di un parente che un giorno è venuto da me in studio, e che è uno di questi bambini “dati”.

La “scintilla” per l’autrice abruzzese, giunta al terzo libro, è legata dunque ad una casualità: “Anche se – prosegue il racconto – ho poi scoperto che in realtà queste storie appartengono un po’ a tutto il territorio italiano soprattutto all’entroterra. Girando da Torino a Taranto per le presentazioni è successo quasi sempre che alla fine qualche lettore mi abbia raccontato storie simili. Una volta proprio a Torino una signora ha aspettato che tutti andassero via e poi con molta commozione mi ha chiesto “come fa lei a conoscere la mia storia?”. Quindi era una pratica piuttosto diffusa. Le famiglie indigenti e numerose a volte davano l’ultimo nato a coppie sterili, che potevano essere o meno imparentate, e che avevano un po’ la delega a crescere questo bambino in condizioni migliori ed assicurargli un futuro migliore. Quello che c’è di particolare, di straordinario, nell’Arminuta è che l’ adozione informale che avviene quando lei è ancora lattante non riesce pienamente. Sembra per alcuni anni che tutto vada bene in questa famiglia piccolo borghese, fino a che poi qualcosa fa deflagrare l’equilibrio apparente e la madre adottiva decide di restituire la ragazzina, questa è la particolarità della storia, alla famiglia di origine. Ed il romanzo si apre proprio con la scena della bambina che torna dalla città sul mare dove viveva in un piccolo paese dell’interno , passando dai genitori borghesi e benestanti ai genitori biologici. C’è questa madre che neanche fa lo sforzo di alzarsi dalla sedia dove sta cullando l’ultimo nato”.

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