di Angela Valenti Durazzo – La creatività ed i buoni sapori della Liguria, ricercati ed apprezzati in tutto il mondo e l’alta cucina dei locali di Monte Carlo. Abbiamo intervistato Diego Pani, chef venticinquenne di Ventimiglia e cuoco di terza generazione, per farci raccontare l’esperienza di un giovane chef che si considera “figlio di due mondi” poiché, come molti nella città italiana di confine, lavora con la clientela francese e monegasca (che rappresenta il 60% nel suo locale, il Marco Polo) e con quella italiana. Ha inoltre potuto conoscere, grazie all’esperienza svolta a Monaco, il meglio di due grandi tradizioni culinarie.
Diego ci racconti gli anni della tua formazione e cosa occorre secondo te al giorno d’oggi per essere uno chef di successo?
La mia è una formazione fatta sul campo, poiché appartengo alla terza generazione di cuochi in famiglia e sono in sostanza cresciuto in un ristorante. Ed infatti invece dell’alberghiero avendo la possibilità di essere formato alla ristorazione direttamente in casa, ho frequentato il liceo classico. Ed oggi che i riflettori sono puntati più che mai su questo mestiere penso che, come nel passato, una dote essenziale sia la creatività. La personalità fatta emergere attraverso i piatti diventa la firma di un cuoco. E l’alta cucina si ha quando la creatività incontra il rigore.
Quanto ha inciso l’esperienza oltreconfine?
Le esperienze a Parigi e al ristorante Louis XV-Alain Ducasse dell’Hôtel de Paris sono state fondamentali. Tanto per cominciare la gastronomia nasce in Francia, anche se in Italia non siamo secondi a nessuno. Per un cuoco lavorare nella Riviera è una benedizione e nel mercato di Ventimiglia passano tutti i grandi chef a fare la spesa. Comprano zucchine, verdure di stagione, pesce e prodotti italiani come la burrata. Mentre per il mio locale acquisto in Francia burro, astice di Bretagna, foie gras ecc. Una buona materia prima, infatti, è importantissima per il successo di un ristorante poiché 70% del lavoro lo si fa al mercato. Ma secondo me bisogna essere legati al territorio senza diventare degli assolutisti del chilometro zero. Per le cipolle, per esempio, spesso utilizzo quelle di Tropea.
Come si riflettono sul vostro mestiere le nuove tendenze come l’aumento dei vegani e dei vegetariani o l’avvento dell’epoca degli chef televisivi?
Per quanto riguarda i clienti che mangiano vegano o vegetariano, la considero una bella sfida, è un qualcosa che mi sprona ad essere creativo. Rappresentano uno stimolo a cucinare qualcosa di buono, per esempio, utilizzando le sole verdure. Riguardo all’epoca dei cuochi star della televisione, secondo me c’è una sola controindicazione. Talvolta il cliente si immedesima in colui che giudica e si sente in diritto di fare osservazioni sebbene il critico gastronomico sia un mestiere serio e difficile. Tutto il resto invece è positivo perché il pubblico si è appassionato alla gastronomia e ha più voglia di qualità. Inoltre la grande cucina alla televisione e sui social ha fatto entrare più giovani nei ristoranti poiché i media si rivolgono in gran parte a questi ultimi.
E quali effetti ha la globalizzazione sulla cucina?
La globalizzazione può essere un problema perché si perdono le radici e nella diversificazione di un luogo, e di un piatto rispetto ad un altro, c’è la vera ricchezza. La clientela russa, per esempio, chiede di mangiare tutto durante tutto l’anno. Invece il bravo cuoco deve, in un certo senso, educare la sua clientela. Fino a due mesi fa presentavo il pescato locale con i carciofi di Albenga, adesso invece con le zucchine, che sono una verdura estiva. Ed il cliente, anche se magari ama particolarmente i carciofi, alla fine lo capisce e lo apprezza.
I piatti che più ti piace cucinare quali sono?
Prediligo il pesce pescato al mattino, cotto nella maniera più semplice possibile, con contorno di verdure di stagione. Oppure un piatto in cui metto me stesso è la pasta al pomodoro, per la quale occorrono pasta di qualità, pomodori con la giusta maturazione, basilico ed il tocco del cuoco…è su ricette come queste, infatti, che si vede se sei un bravo chef.
Nelle immagini Diego Pani nella cucina del ristorante di Ventimiglia
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